La mia generazione attendeva con ansia i dischi dal vivo delle sue
band preferite.
Le difficoltà oggettive di poter assistere “in diretta” alle loro esibizioni, rendevano il
live album (al netto degli eventuali “rimaneggiamenti” in studio …) spesso l’unica possibilità per valutare le capacità di un gruppo di interfacciarsi senza filtri con il proprio pubblico e di saper trasmettere in maniera ancora più istintiva e genuina la forza espressiva e comunicativa delle loro composizioni.
Un concetto maggiormente significativo per formazioni dedite a formule sonore viscerali e radicate, dove il confronto con la “storia” del settore diventa ancora più impegnativo e, non di rado, “proibitivo”.
In un mondo “connesso” e globalizzato come quello attuale, è verosimile immaginare che, soprattutto per i giovani
rockofili, la rilevanza di tali produzioni discografiche si sia fatalmente decurtata, ma se ancora credete che la “prova del palco” sia importante e magari avevate ancora dei dubbi sul fatto che i
Dirty Honey meritassero il ruolo di autorevoli eredi di Aerosmith, Led Zeppelin, Rolling Stones, Free e Faces, vi consiglio di non sottovalutare il contatto con questo “
Mayhem and revelry live”.
Registrata in Nord America, Regno Unito ed Europa durante il tour mondiale “
Can't find the brakes” del 2023-24, l’opera (proposta in versione doppio vinile,
Cd e,
vabbè, anche in digitale …) è la conferma che talvolta l’
hype smodato per una
band “emergente” e i relativi iperbolici accostamenti con i giganti del passato hanno una loro giustificazione.
Conservando un certo equilibrio, alla luce dei fatti, possiamo inserire i
Dirty Honey nella ristretta cerchia di quei musicisti capaci di portare avanti, a colpi di
feeling, vigore e sudore, la filosofia più autentica dell’
hard-rock, quella che continua ad appassionare anche a distanza di moltissimi anni dalla sua prima apparizione.
Esecuzioni pulsanti (e laddove dilatate, mai “prolisse”) e cariche di tensione emotiva, rappresentano l’adeguato
plus ad un
songwriting molto “rispettoso” e ciononostante anche decisamente coinvolgente, capace com’è di abbracciare un po’ tutte le sfumature del genere (dal passionale al trascinante, passando per le digressioni elettroacustiche) senza nemmeno lambire il rischio della parodia.
In tale contesto, ad emergere in maniera nitida è il carisma di
Marc Labelle e
John Notto, caratteristica che assieme alle loro notevoli peculiarità tecnico-interpretative, li consegna senza troppi timori reverenziali alla nobile tradizione delle grandi coppie voce-chitarra che da sempre caratterizzano il settore.
Isolare momenti specifici in quest’emozionante selezione di note, eseguite in maniera così prorompente e sentita, sarebbe poco produttivo, e così mi limiterò a segnalare la sola “
Roam” in rappresentanza di come si possa ancora stimolare il fenomeno della
piloerezione anche in soggetti che certe sonorità le frequentano già da “qualche” tempo.
Con la rinnovata convinzione che presenziare ad un concerto degli americani diventa, a questo punto, una pressante priorità, non mi rimane che aggiungere “
Mayhem and revelry live” ai riscontri che includono i
Dirty Honey nel
dossier denominato “
gruppi in grado di assicurare la continuità del Rock n’ Roll”.