Sedicesimo album in studio per gli inossidabili tedeschi
Destruction, che sin dal lontanissimo debutto "
Infernal Overkill" del 1985 seminano la loro ondata di furia criminale, con l'unica eccezione di quello sciagurato "
The Least Successful Human Cannonball" del 1998 prima che
Schmier riprendesse le redini in mano con il successivo "
All Hell Breaks Loose" che dal 2000 in poi ha rimesso la band nella giusta carreggiata.
Tuttavia, una volta sistemata la direzione musicale, devo ammettere che una buona metà degli album pubblicati in questi ultimi 25 anni, quasi tutti ad opera della Nuclear Blast, mi abbiano trovato piuttosto freddino: poca ispirazione di fondo, linee chitarristiche quasi sempre tutte uguali, a volte indistinguibili tra loro, tanto impatto fine a se' stesso ma pochi brani memorabili.
Purtroppo anche il nuovo "
Birth of Malice", il secondo su
Napalm Records dopo il precedente "
Diabolical" del 2022, appartiene a questo gruppo di dischi che non riescono a lasciare il segno.
La lineup appare valida e quantomeno solida,
Randy Black alla batteria (ex
Annihilator e
Primal Fear) è una sicurezza, mentre la coppia di chitarristi (novità questa introdotta nell'ultimo album su Nuclear Blast "
Born to Perish" del 2019, peraltro finale apparizione dello storico
Mike Sifringer)
Eskić/Furia sebbene non perda un colpo a livello di ritmiche appare priva di una certa inventiva e personalità, cimentandosi in una serie di riff che sembrano tratti dalla prima pagina del "manuale del perfetto thrash metallaro", con assoli che non riescono a lasciare il segno una volta in cinquanta minuti.
Qualche brano dimostra di funzionare meglio, come la ritmata "
Scumbag Human Race", una delle poche dove i Destruction provano ad uscire un minimo dal seminato e cercare di dire veramente la loro, o le veloci "
Cyber Warfare" o "
No Kings - No Masters", ma per il resto del disco si rimane un po' interdetti, con una seconda parte da "
God of Gore" a "
Greed" che scivola via in maniera pericolosamente anonima (e con le bruttine "
A.N.G.S.T." e "
Dealer of Death"), fino al risveglio avvenuto con la conclusiva "
Fast as a Shark", ovviamente celebre cover degli
Accept, a dire il vero manco 'sto granchè.
Un disco non brutto ma nemmeno che riesca a scuotere un minimo, e se in un disco thrash vengono in mente aggettivi come insipido od ordinario c'è qualcosa che non va.
Se avete apprezzato dischi come "
D.E.V.O.L.U.T.I.O.N.", "
Day of Reckoning", "
Spiritual Genocide" o gli ultimi due lavori probabilmente apprezzerete anche il nuovo "Birth of Malice" che a conti fatti, mischiando le copertine, nemmeno riuscireste a distinguere.
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