In ossequio al titolo dell’albo e al suo
artwork, farò di tutto per sfoggiare la mia migliore
poker face “giornalistica” per tentare di dissimulare quanto siano elevate le aspettative nei confronti dei
Wheels Of Fire, un gruppo che seguo e ammiro fin dal suo debutto discografico.
Così dicendo, mi rendo conto che in pratica ho già scoperto le mie “carte” (a conferma della scarsa attitudine al “gioco d’azzardo” …) e che non è mi è proprio possibile nascondere le reazioni emotive quando si tratta di analizzare il lavoro di quelle formazioni su cui si punta per la conservazione e l’evoluzione della specie.
La “specie” di cui parliamo è quella dell’
hard melodico, settore in cui
Davide "Dave Rox" Barbieri e i suoi
pards eccellono già da un po’ di tempo e che nel precedente “
Begin again” ha raggiunto livelli importanti di maturità e distinzione espressiva.
Ebbene, “
All in” non è altro che un ulteriore brillante tassello di un percorso artistico che, ereditando dai
Maestri del genere (Bon Jovi, Danger Danger, Hurricane, Firehouse, Hardline, …) i suoi tratti essenziali, ha poi saputo farli fruttare in maniera proficua e tutt’altro che artificiosamente speculativa.
Edificato su un
trademark ormai piuttosto solido, il disco non disdegna piccole diversioni stilistiche (la più significativa, il tocco
symphonic-prog concesso a “
End of time” …) e arricchisce il
songwriting di rifrazioni magniloquenti, lasciando ai
groove incalzanti e ai tipici
anthem “da stadio” il compito di sollecitare la componente maggiormente istintiva dell’apparato sensoriale degli appassionati del settore.
Insomma, un esempio di come si possa rimanere “sé stessi” senza ripetersi e affidando ai propri estimatori una collezione sufficientemente variegata di belle canzoni, pilotate da una voce sempre più sicura e comunicativa e da una chitarra, quella di
Stefano Zeni, che forse finora non ha ricevuto un adeguato plauso.
Ascoltare i due appena menzionati nel cantato esuberante e nei fraseggi cromati dell’inno d’apertura “
Fool’s paradise” li pone immediatamente al centro dell’attenzione, poco lontani, in realtà, da una turbolenta e consistente sezione ritmica, composta dallo “storico”
Fabrizio Uccellini e dalla
new entry Simon Dredo.
Le vibranti pulsazioni armoniche e l’adescante
refrain di “
Under your spell” riescono nell’impresa di superare in
appeal l’
opener della raccolta, e se, come anticipato, la melodrammatica “
End of time” svela un lato abbastanza “inedito” della personalità dei
Wheels Of Fire, l’arrangiamento enfatico di “
Resonate” mette a dura prova le rigogliose prerogative “teatrali” della laringe di
Dave Rox.
La melodia suadente e vagamente “sinistra” di “
99 lies” striscia nei sensi subdola e affilata, seguita da una “
Neverland” che conquista istantaneamente con le sue fastose progressioni soniche, sviluppate tra reminiscenze di Bon Jovi,
Bryan Adams e Damn Yankees.
Si continua con la grinta
catchy di “
EmpTV” e “
9.29” (meglio la prima della seconda, invero …), mentre “
Invisible” è una sognante ballata in grado di “scongelare” anche il cuore più algido e cinico.
Con il “tiro” di “
Walking on the wire” e le cadenze vibranti di “
Heaven is sold out” si ritorna a suggestioni emozionali maggiormente istintive e pragmatiche, coinvolgenti, in realtà, tanto quanto la conclusiva “
Staring out the window”, che invece per affascinare l’astante sceglie soluzioni musicali decisamente più sofisticate e
poppettose.
Siamo, dunque, al cospetto di un “
All in” puntato senza
bluffare ad un tavolo a cui sono seduti i migliori giocatori del
rock melodico internazionale … la mano è molto forte e a questo punto sono veramente curioso di vedere chi sarà in grado di rilanciare e battere sul loro terreno preferito questi nostri
Top Player chiamati
Wheels Of Fire.