Copertina 7

Info

Anno di uscita:2025
Durata:47 min.
Etichetta:Loma Vista Recordings

Tracklist

  1. PEACEFIELD
  2. LACHRYMA
  3. SATANIZED
  4. GUIDING LIGHTS
  5. DE PROFUNDIS BOREALIS
  6. CENOTAPH
  7. MISSILLA AMORI
  8. MARKS OF THE EVIL ONE
  9. UMBREA
  10. EXCELSIS

Line up

  • Papa V Perpetua: vocals, guitars, bass, songwriting, lyrics

Voto medio utenti

Morto un Papa, si sa, se ne fa un altro: tema di strettissima attualità, che noi circoscriveremo sobriamente (considerato anche che l’album esce il 25 aprile) all’ambito musicale.
Spazio, quindi, a Papa V Perpetua e al sesto full length dei Ghost.

Com’è, dunque, questo “Skeletá”?
Partirei dalla (mia) conclusione: non un capolavoro, ma un discreto passo avanti rispetto al precedente “Impera”, che a distanza di anni continuo a ritenere scostante e complessivamente sciapo.

Anche a questo giro, i Nostri calcano la mano sugli elementi “soft” del loro sound, ma lo fanno, almeno a mio parere, in modo più che convincente. La componente melodica, i chorus catchy, le strofe ad altro grado di assimilabilità, le linee vocali memorizzabili costituiscono infatti l’architrave su cui la tracklist viene eretta.

Per farvi un’idea in proposito vi basterà posare le orecchie sul ritornello dell’iniziale “Peacefield”, eighties che più eighties non si può, sulle contagiose spire armoniche della successiva “Lachryma”, sorta di impura unione tra “Of Wolf and Man” dei Metallica e “Poison” di Alice Cooper, o ancora sulla ruffianeria anthemica di “Marks of the Evil One”, che riuscirete a togliervi dalla crapa solo attraverso la lobotomia.

A questo giro, invece, non si è esagerato con le ballad: giusto due, a metà e fine platter.
Porrei “Guiding Lights” ed “Excelsis” sul medesimo piano anche in termini qualitativi: non imprescindibili, ma senz’altro piacevoli e ben arrangiate.

Come spesso accade con le composizioni di Tobias Forge, i riferimenti stilistici non paiono troppo ardui da scovare: il mid tempoMissilia Amori”, giusto per citare qualche esempio, sembra prelevato a forza dal songbook dei Def Leppard, mentre il suggestivo break strumentale di “Umbra” chiama in causa i cari vecchi Deep Purple.
Come ovvio, il tutto viene poi rielaborato e ghostizzato a dovere, oltre che condito da qualche chicca; cito, ex multis, gli assoli di chitarra, disseminati in modo tutt’altro che parsimonioso, ed immancabilmente gustosi.

Skeletá”, l’avrete capito, è in ultima analisi un prodotto furbone, sornione e piacione. Un prodotto, al tempo stesso, a suo modo onesto, visto che non prova nemmeno a celare le proprie influenze né, tantomeno, le proprie mire commerciali.
La patina di occulto, così come quella metallica, è da tempo flebile ed in qualche misura posticcia, confinata ormai all’immaginario visivo della band, ad alcuni, sparuti riff di chitarra ed a qualche riferimento nelle lyrics. Vedremo cosa riserva il futuro, ma ad oggi i Ghost sono questi.

Con ogni probabilità, non sarà quest’ultima fatica discografica a spostare consensi in modo vistoso: se a monte vi professavate detrattori della compagine mascherata, continuerete serenamente a qualificarvi come tali anche al termine dell’ascolto (sempre ammesso che lo concediate).
Fedeli ed agnostici, invece, potrebbero rimanere favorevolmente sorpresi: i pezzi funzionano, restano impressi senza risultare stucchevoli, e a sorpresa, nonostante la loro semplicità strutturale ed esecutiva, crescono ad ogni passaggio nello stereo.

Io esprimo dunque sobria soddisfazione, e non vedo l’ora di ascoltare i nuovi brani in occasione dell’imminente show milanese.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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