Copertina 7

Info

Anno di uscita:2025
Durata:34 min.
Etichetta:Mottow Soundz

Tracklist

  1. INTRO
  2. DREAM
  3. VIOLENCE COOKIE
  4. MY DEFENDER
  5. ARTIFICIAL FLAVOUR
  6. POKER WITH GOD
  7. DARKNESS

Line up

  • Kilian Naofs: guitar, vocals
  • Joachim Poitevin: drums, vocals

Voto medio utenti

Ci sono nazioni che sembrano particolarmente avvezze alla produzione di musica “strana”, o quantomeno difficilmente etichettabile.
Il Belgio, limitandosi ai confini europei, lo possiamo annoverare proprio tra questi Paesi “insoliti” dal punto di vista sonoro (Deus, un nome per tutti …), e a confermare quella che può apparire una generalizzazione semplicistica, arrivano questi Killjoy, un duo con sede a Bruxelles che con “Dream and violence” debutta in una scena rockofila tutt’altro che particolarmente “imprevedibile”.
La loro miscela di screamo, metal, musica elettronica, scorie prog e psichedelia, pare invece abbastanza peculiare e se una sorta di fusione tra Refused, Kyuss, The Blood Brothers e Russian Circles stimola in qualche modo la vostra fantasia, quanto proposto da Kilian Naofs e Joachim Poitevin potrebbe essere una buona scelta per concretizzare tale visione.
Un’immagine dai contorni slabbrati, liquidi e furenti, dunque, che s’insinua nei sensi con un’intro suggestiva, poderosa e sinistra, per poi tingersi di antracite e schizofrenia di “Dream” e acquisire sfumature cibernetiche in “Violence cookie”, una “roba” che nell'insieme credo potrebbe finire per piacere tanto a Ian MacKaye quanto a Dennis Lyxzén.
My defender” aggiunge i Beastie Boys alla congrega di illustri influenze e sebbene si tratti di (come spesso accade …) di suggestioni d’ascolto non “confermate”, l’impressione è che i Killjoy, anche grazie al break psichedelico inserito nel pezzo, possiedano un background espressivo piuttosto ampio e variegato.
Lo stesso che consente di rilevare il tocco Barrett-iano concesso al clima apocalittico di “Artificial flavour” e alle spire ellittiche di “Poker with God”, mentre in “Darkness” il contrasto tra quiete e rabbia diventa ancora più intenso e viscerale, concludendo un albo magari non pienamente focalizzato e tuttavia intrigante, capace di accendere l’attenzione dei musicofili meno “tradizionalisti”.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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