Ecco che arriva il nuovo capitolo dei britannici, sempre a cavallo dei 70/80 più metallici e con profumi risalenti all’età aurea del metal classico ma, si c’è un ma, questa volta purtroppo non gira come dovrebbe girare.
Certo ci sono bei brani come l’apertura “
I lament” con un bell’intreccio di chitarre e un cambio di tempo maideniano prima dell’armonizzazione finale.
Oppure nella conclusiva “
Healing power” che è un bel lento a chiusa venato di folk dove le chitarre acustiche fanno capolino e c’è anche una bella progressione.
La pecca è che questo disco manca di dinamismo, sono tante le composizioni lente dove la band vuole forse dare più voce al pathos ma la formula non sempre riesce anche se gli ingredienti ci sono come le melodie vocali oppure le chitarre che richiamano un sapore fine anni 70.
Da un pezzo che s'intitola “
Heavy load” dovresti aspettarti un torrente elettrico, invece il titolo non mantiene la promessa; un brano venato di malinconia e principalmente acusticheggiante.
Non dico che non sia male la scelta ma avrei gradito maggior bilanciamento tra i due opposti, sembra quasi che ai nostri gli abbiano messo la sabbia nel motore per farlo rallentare.
“
Run the race” con il suo mood che richiama la N. W. O. B. H. M. è piacevole e precisa, le melodie sono azzeccate e ben costruite.
Album che si merita la sufficienza ampia, ma avrebbe meritato di più se ci fossero stati più episodi grintosi bilanciati con quelli più meditativi, così non è stato, pota diremmo a Bergamo.
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