Devo ammettere che l'aver scoperto che "
Mysterium" fosse opera del solo
Charly Steinhauer mi aveva un po' scoraggiato. facendomi smarrire quell'entusiasmo inizialmente provato nell'avvicinarmi al nono studio album della formazione tedesca.
Non che il precedente "Heresy II: End of a Legend" fosse stato chissà quale capolavoro, ma almeno era il frutto di una compagine che vedeva il rientro del batterista originale Axel Blaha (venuto a mancare nel settembre del 2023) oltre al bassista Olly Keller, nella band sin dal 2008 ed al chitarrista Christian Münzner, entrato nei
Paradox in occasione di "Tales of the Weird" (2012).
Ora invece è tutta farina del sacco di
Steinhauer, che ha cantato, suonato basso e chitarre, ha programmato la batteria e curato la produzione, limitando il supporto esterno a
Patrick W. Engel, per il mastering, all'ex Vendetta
Achim "Daxx" Hömerlein per la stesura delle liriche e infine a
Travis Smith che ha realizzato la copertina e le grafiche.
Ma come si dice: chi fa da se fa per tre, e cosi "
Kholat", seppur aprendosi con un po' di melina nelle battute iniziali quando viene al dunque non si fa alcun problema ad esplodere dagli speaker, con un afflato thrasheggiante e articolato che prova a coniugare la lezione teutonica con quella a stelle a strisce, cui invece tende maggiormente la seguente "
Abyss of Pain and Fear", altro brano che rinuncia a partire all'assalto e si incammina più ragionato che incazzato, introdotto e inframmezzato da alcuni "spoken" (credo tratti dal film "Fuga di Mezzanotte" cui è ispirato) ma soprattutto incalzato da una impressionante prova alla chitarra da parte di
Steinhauer. Va poi riconosciuto sin da subito che l'impiego di una batteria programmata non sembra inficiare la resa dell'album, che prosegue con "
Grief" e i suoi tristi arpeggi (che mi hanno pensare alla Grecia) dedicati al già citato Axel Blaha, per un toccante saluto al co-fondatore dei
Paradox.
Si torna a suoni più affilati e frontali, seppur sempre regolati da un pizzico di melodia, ci si esalta con la stupenda "
Those Who Resist" e si prova a resistere all'assalto di una furiosa "
One Way Ticket to Die" o al passo scandito (e che molto deve ai Metallica di "...And Justice for All") di "
Pile of Shame".
"
Tunguska" è un altro breve strumentale, un intermezzo cui spetta il compito di aprire la strada a "
Fragrance of Violence", che tiene fede al titolo dando lustro alla ferocia che sul fine degli anni '80 aveva preso il largo dalla Bay Area, mentre la successiva titletrack stupisce consegnandoci ad un improbabile connubio tra Blind Guardian e Death Angel, anche se devo ammettere che un accostamento tra la voce di
Steinhauer e Hansi Kürsch non sarebbe del tutto campato in aria. A questo punto gli shrapnel scagliati con violenza da "
The Demon God" sarebbero l'ultima cosa cui incapperebbe chi ha optato per la versione in vinile di "
Mysterium", mentre coloro che gli hanno preferito quella in CD possono proseguire con "
Within the Realms of Gray", ennesimo episodio robusto e compatto ma più sul versante Heavy che su quello thrashy dei
Paradox, e forse proprio per questo incluso come bonus e che a mio parere si segnala come uno degli episodi migliori del lotto.
Steinhauer ha saputo dare vita ad un ottimo disco, direi tra i migliori nella discografia dei
Paradox, la speranza è che non sia il colpo di coda per questi storici alfieri della scena Speed/Thrash.
Paradox? No Just a Lie!
Paradox? I Wonder Why...
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