Era un sacco di tempo che i
Black Majesty non davano segni di vita, dalla loro precedente uscita "Children of the Abyss" che risale ormai al lontano 2018.
E andando ancor più indietro negli anni, ricordo ancora con piacere quando incappai nel loro esordio, "Sands of Time" (2003), che accolsi più che positivamente non solo nel mio lettore ma anche su queste stesse pagine, praticamente le stesse sensazioni che provo ora davanti a quello che è l'ottavo full length della formazione canadese (il nono se consideriamo il best-of "The 10 Years Royal Collection").
Su "
Oceans of Black" della formazione che incise il già citato "Sands of Time" registriamo l'uscita di Steve Janevski ma ritroviamo la maggior parte del suo nucleo storico: il chitarrista
Hanny Mohamed, il cantante
John Cavaliere ed il bassista
Evan Harris, il quale milita anche negli Eyefear ma che soprattutto aveva suonato sul secondo LP dei Taramis "Stretch of the Imagination". Al terzetto si aggiungono il batterista
Zain Kimmie (anche lui dagli Eyefear) ed il chitarrista
Clinton Bidie, e tutti assieme danno il via alle danze, senza stare a guardare poi troppo all'originalità (nella scelta del titolo e pure sul profilo musicale) con "
Dragon Lord", splendido esempio di galoppante Classic & Power Metal messo a ferro e fuoco dalle chitarre di
Mohamed e
Bidie. A proposito di fuoco, ecco che la seguente "
Set Stone on Fire" scorrazza all'impazzata tenuta a stento per le briglie da Cavaliere. Episodi che molto rimandano ai primi Queensrÿche, come "
Hold On" e "
Lucifer" o l'epicità della stessa titletrack offrono maggiori variazioni sul tema, sia negli arrangiamenti, sia nella velocità esecutiva, questa comunque garantita dalle esuberanti "
Only the Devil" e "
Hell Racer" (ben incalzata da
Kimmie e drappeggiata dal basso di
Harris) ma è con "
Got a Hold on You" che si assiste al primo cambio di atmosfera, una ballad, intensa, a tratti arrembante, ben affrontata da
Cavaliere ma che scorre via senza particolari sussulti. La terna di brani conclusiva è invece assolutamente all'altezza, prima con "
Here We Go" e soprattutto la sferzante epicità di "
Astral Voyager" e "
Ghost in the Darkness", peraltro aggiunte come bonus track per le sole versioni CD e digitale, una scelta inspiegabile essendo a mio parere due degli episodi più riusciti del disco, ed è un peccato che chi abbia optato per il vinile non li possa ascoltare.
Per quanto siano trascorsi ventidue anni e cambiati diversi interpreti, il mio giudizio verso i
Black Majesty non è cambiato, anzi va riconosciuto a "
Oceans of Black" di tenere alto il prestigio di
Sua Maestà. Nel caso
Nera.
Metal.it
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