Sad - Fullmoon's Bestial Awakening

Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2025
Durata:54 min.
Etichetta:Purity Through Fire

Tracklist

  1. RAMPAGE
  2. RAISON D'ETRE
  3. FURY LONG LOST
  4. A DISTANT FAREWELL
  5. ALL COME TO AN END
  6. DIE IN PAIN
  7. WHEN MEMORIES FADE
  8. HOWLING FROM THE SHADOWS

Line up

  • Ungod: all instruments
  • Nadir: vocals

Voto medio utenti

Puntuali come il rintocco della campane a morto, tornano i greci Sad con l'ennesima prova di coerenza stilistica e devozione al più incontaminato dei Black Metal.
"Fullmoon's Bestial Awakening", come i suoi predecessori, non si fa portatore di innovazione o stramberie, ma è l'urlo luciferino del male trasformato in musica secondo gli stilemi classici che, nella prima metà degli anni '90, vennero stabiliti in Norvegia durante una stagione musicale sostanzialmente irripetibile, e che rivivono, con crudezza e spirito misantropico, nella musica del duo di Atene.
Gli otto nuovi brani che ascolterete nell'album, come da copione, riescono ad unire atmosfere tetre, stilettate gelide e melodie sulfuree (da manuale quella del bellissimo brano finale!) da sempre caratteristica dei Sad i quali, forti di una lunga esperienza, riescono a mantenere alta l'attenzione durante il dipanarsi di strutture sonore ossessive, violente, prive di compromessi ma, non per questo, monotone dal momento che gli arrangiamenti sono di pregio ed una vaga deriva depressive riesce, insieme con gli immancabili blast beats, a creare un muro nerissimo di note che ti trafiggono l'anima e ti ghiacciano la pelle come solo questo genere di musica riesce a fare con tanta efficacia.
Certo, niente di nuovo sotto la luna, ma il riffing, lo scream e le armonizzazioni sono testimonianza di classe e dedizione alla nera fiamma, elemento, quest'ultimo, fondamentale per la riuscita di un album come questo, un album, cioè, che non cambierà le sorti della musica, ma che farà scorrere brividi di viscido piacere lungo le vostre pelli emaciate.
Gruppo per veri cultori dell'estremo più primordiale.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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