Copertina 6,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2025
Durata:40 min.
Etichetta:Metalville

Tracklist

  1. HIMALAYA
  2. GUSTAV VASA
  3. PRODIGAL SON
  4. STAY BEHIND
  5. BARBAROSSA
  6. HUNGARIAN DANCE
  7. THE GREAT WALL OF CHINA
  8. TWO SHOTS IN SARAJEVO

Line up

  • Nils Patrik Johansson: vocals
  • Lars Chriss: guitars, bass
  • Anuviel: keyboards
  • Fredrik Johansson: drums
  • Tommy Denander: trumpet on "Prodigal Son"

Voto medio utenti

Sono da sempre un estimatore di Nils Patrik Johansson, da quando lo ho ascoltato su "Far From The Maddening Crowd" dei Wuthering Heighs, e poi via via sui tanti album dei vari Astral Doors, Space Odyssey (progetto di Richard Andersson) Lion's Share, Civil War, ma anche nella sua partentesi solista, cui fa appunto parte questo "War And Peace" che si accoda a "Evil Deluxe" (2018) e The Great Conspiracy (2020).

Per l'occasione il cantante svedese non ha realizzato un concept album su "Guerra e Pace" dello scrittore russo Lev Tolstoj, ma ha comunque dato seguito alla sua passione per la Storia. Dopo la suggestiva intro strumentale "Himalaya", si inizia a fare sul serio con "Gustav Vasa" (il primo re di Svezia dopo averla liberata dal dominio danese), canzone in odore di Astral Doors, ben incalzata dal drumming di Fredrik Johansson (figlio di Nils Patrik) e dove ritroviamo anche il chitarrista e bassista Lars Chriss (leader dei Lion's Share), entrambi già intervenuti sugli altri due dischi usciti a nome del cantante svedese. Sulla stessa lunghezza d'onda si colloca la seguente "Prodigal Son", in realtà piuttosto anonima e che si segnala al più per la presenza di quella tromba suonata da Tommy Denander. E se le epicheggianti e solenni "Stay Behind" (decisamente acceptiana e chiusa sulle note dall'inno nazionale statunitense) e "Barbarossa" rallentano il passo mostrando evidenti rimandi musicali alla Grande Madre Russia, ecco che il tutto si vivacizza grazie alla powereggiante "Hungarian Dance" (con tanto di citazione di Johannes Brahms). Dopo la battuta d'arresto dovuta alla deludente "The Great Wall of China", la conclusiva "Two Shots in Sarajevo" raddrizza la baracca: un episodio vibrante che rimanda ai tempi dei Civil War raccontandoci dell'assassinio dell'Arciduca ed erede al trono d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e della moglie Sophie Chotek, duchessa di Hohenberg, l'evento che scatenò la Prima Guerra Mondiale.

Se da una parte sono evidenti gli sforzi per contestualizzare anche la controparte musicale al concept al centro di ogni singolo brano, rispetto a quanto proposto in passato, qui il songwriting e gli arrangiamenti appaiono un po' forzati e arruffati, in qualche caso con soluzioni al limite del pacchiano e con qualche déjà-vu di troppo a far capolino qua e là.




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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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