Il duo italo – norvegese non ha certamente l’obbiettivo di rivoluzionare il metal estremo rivisto alla luce oscura della nera fiamma.
Ma ha voluto rimarcare che il black metal non è un pranzo di gala parafrasando
Mao, non è marketing, frasette ad effetto studiate a tavolino per colpire i più giovani sul social o fare a gara su chi ha la faccia più truce.
Il black metal è cieca violenza musicale ed odio puro contro il cristianesimo, questo hanno voluto ribadire; basta ascoltare la distruttiva “
Last prayer in Getshemane” dove il riff è ferocissimo e a zanzarina con tempi serrati ed una voce declamatoria; non ci sono coretti puliti, tastierine zumpappa o femminucce più o meno svestite con abiti monacali presi da una svendita di costumi di carnevale (ogni rifermento alle
Dogma è puramente voluto); qui si fa dannatamente sul serio.
Pure quando la formazione rallenta la marcia, non scende di intensità, sentitevi “
Slaying heaven” dove c’è persino un intervento pulito, drammatico ma consono a questa lenta, agonica ed infernale camminata dove la voce diviene enfatica e colma di astio.
Se volte del puro, incorruttibile metallo nero siete nel posto giusto, grande disco, buonissima formazione, prosit.
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