Quale nesso potrà mai esserci tra la Scandinavia e l’Australia?
Apparentemente nessuno.
E’ alquanto improbabile che i vichinghi, nelle loro interminabili traversate, pur essendo dei formidabili navigatori, siano arrivati fino all’altro emisfero!
Eppure, da oggi, questi due luoghi, tra loro agli antipodi del mondo, sia geograficamente, che culturalmente, sono un pò più vicini, grazie ai
Fate's Hand; potere della musica (dell’arte in generale) che riesce sempre ad abbattere le distanze!
La band originaria di Brisbane infatti, nel suo esordio discografico, intitolato
Steel, Fire & Ice, uscito per
Dying Victims Records, si rende autrice di un lavoro che riprende, nelle liriche, basate su antiche saghe norrene, nelle atmosfere, in cui si respira a pieni polmoni la tipica fierezza di gesta e battaglie leggendarie, al termine delle quali, sarà inevitabilmente “
Gloria o Valhalla” e perfino, nei soprannomi dei suoi membri (
Gjöll chitarra e basso,
Denimal alla voce e addirittura “
Yarl” Earl nei panni di session-man alla batteria), elementi della tradizione nordica, inserendoli all’interno della propria concezione musicale, ispirata chiaramente a un heavy metal di stampo tradizionale.
Semplificando, in maniera molto sbrigativa e, naturalmente con la debite proporzioni, è come se, nel song-writing dei
Fate’s Hand, i
Bathory più epici e gli
Iron Maiden più classici, trovassero il loro ideale punto d’incontro.
Steel, Fire & Ice è un disco che funziona, pur seguendo talvolta una struttura un po' troppo scolastica e lineare ma, l’aura di maestosa epicità che avvolge le sue trame melodiche e ne caratterizza le atmosfere, dall’iniziale
The Quest Spirit, fino alla conclusiva
Stallions Of Sky And Sees, lo pone al di sopra di qualsiasi eventuale critica legata alle sue inevitabili influenze.
All’interno del disco, si trovano brani come
Fount Of All Waters, Fire Reigns Once More, o ancora
The Cosmic Ash, in cui, la veemenza compositiva e l’orgoglio vichingo emergono prepotentemente, mentre altre tracce, quali
Woven in Space And Time o
Starforger che, pur suonando leggermente didattiche, risultano sempre gradevoli e mai banali.
Forse, l'unica pecca di questo lavoro, è rappresentata dalla voce di
Denimal, che non sempre si dimostra all’altezza e, a tratti, sembra mancare di quella incisività che avrebbe reso questo debutto ancora più bello ed efficace.
Ma, in fondo, sono dettagli.
Steel, Fire & Ice è un disco decisamente riuscito; si tratta di un esordio convincente, in cui i
Fate’s Hand, pur attingendo a piene mani, tanto dalla tradizione viking nordica, quanto dalla NWOBHM sassone, si rivelano talmente abili nel consolidare un loro personalissimo stile compositivo, che potrebbe perfino suonare originale, pur non essendolo assolutamente.
Quindi, in alto i boccali per i
Fate’s Hand…
Skål e Cheers!