Copertina 8

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2002
Durata:41 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. FOLLOW THE HOLLOW
  2. AS WE SPEAK
  3. THE FLAMEOUT
  4. NATURAL BORN CHAOS
  5. MINDFIELDS
  6. THE BRINGER
  7. BLACK STAR DECEIVER
  8. MERCURY SHADOWS
  9. NO MORE ANGELS
  10. SONG FOR THE DAMNED

Line up

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Fondati nel 1995 con il nome di Inferior Breed, gli svedesi Soilwork si sono imposti all’attenzione generale con due ottimi dischi di puro thrash/death svedese consolidando in seguito la loro posizione grazie al contratto ottenuto con la prestigiosa label Nuclear Blast; quest’accordo ha generato l’acclamato “A Predator’s Portrait”, lavoro che ha segnato uno spostamento delle coordinate sonore della band verso lidi maggiormente melodici e progressivi, causando lo scontento dei fan della prima ora (perché guardate tutti me?) ma risultando estremamente gradito al resto del pubblico. Il tour con Annihilator e Nevermore e l’esibizione al prestigioso Wacken Open Air dellas corsa estate hanno quindi consacrato la band fra le realtà più seguite ed interessanti della scena svedese. “Natural Born Chaos” arriva al mercato con tutte le caratteristiche per essere il più grande successo che la band abbia mai prodotto: l’impeccabile produzione conseguita ai Fredman (Hammerfall, Dimmu Borgir, In Flames) sotto la guida del geniale Devin Townsend (Strapping Young Lad, Steve Vai ed un centinaio di altri progetti), l’indubbia perizia tecnica del sestetto, il potenziale di sicuri hit come “Follow The Hollow”, “As We Speak” e “The Bringer” e lo splendido artwork a cura di Travis Smith (Death, Nevermore etc.) dovrebbero parlare da soli. Musicalmente “Natural Born Chaos” prosegue il discorso intrapreso con il precedente lavoro, mettendo in mostra in maniera ancora più approfondita il versante melodico (considerati i precedenti dei Soilwork ovviamente) della band; quasi tutti i brani sono forniti di refrain facilmente memorizzabili e di sicuro interesse (ad essere sincero era parecchio tempo che non mi capitava di ascoltare un disco contenente così tanti potenziali successi), suonati e strutturati in maniera impeccabile. I Soilwork del 2002 mostrano di essere ancora in un periodo di transizione, nonostante ciò il sestetto non mostra alcuna carenza dimostrando così di essere sempre più vicino alla definitiva maturazione che potrebbe un giorno portare la band a produrre un disco veramente epocale; peccato che la potenza ed il groove degli esordi siano oramai un lontano ricordo, ma questi sono solo pensieri di un nostalgico thrasher.
Recensione a cura di Francesco 'HWQ' Bucci

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