Quando uno pensa di aver già ascoltato il meglio dall’anno in corso in fatto di
hard melodico, ecco che a metterti in “difficoltà” arriva il lavoro di debutto di una
band svedese (di Upplands Väsby … luogo che, vista la cospicua produzione artistica, deve avere qualcosa di “speciale” nell’acqua o in qualche altro alimento di grande consumo …) denominata
Civil Daze.
Nato come progetto solista del chitarrista e compositore
Mikael Danielsson e accantonato per un po’ fino al reperimento della voce “giusta” per le canzoni, il gruppo è diventato tale grazie innanzi tutto all’ugola graffiante e duttile di
Helena Sommerdahl, una valorosa “amazzone” della fonazione modulata con numi tutelari che vanno da
Ann Wilson a
Robin Beck, passando per
Debbie Davis,
Darby Mills e
Lee Aaron.
Reperita la
frontwoman adeguata e convocato tra le amicizie musicali di
Danielsson un trio di strumentisti di valore, ecco che “
Once in a blue moon” può finalmente vedere la luce, con il prestigioso patrocinio della
Pride & Joy Music e per la soddisfazione di tutti gli estimatori di Whitesnake, Heart, Europe e Witness.
Hard-rock blues e
AOR si combinano ad arte, infatti, in una decina di brani veramente ben congegnati e coinvolgenti, in cui l’ugola della
Sommerdahl può esprimersi in tutta la sua prorompente e appassionata forza espressiva, proprio come accade nell’
opener “
Top of the world”, un incrocio tra AC / DC e Heart dalla presa emotiva fulminea e rapace.
“
A million miles away” alleggerisce leggermente il clima sonico e anche grazie al sagace tocco Van Halen-
esco e al ritornello da contagio istantaneo si candida fin dal primo contatto come un
highlight dell’opera, mentre “
Face down in the dirt” ritorna su sentieri specificamente
hard-blues, in cui rilevare vaghi rimandi ai sempre seminali Rainbow.
Il
rock adulto a ventiquattro carati riemerge, invece, nel sontuoso crepuscolo che avvolge “
Paradise” e nelle pulsazioni accoglienti di “
Turn the page” e se “
Got to go” mescola Whitesnake e Starship in maniera veramente superba (con un approccio che può ricordare i migliori Nestor!), “
The right kind of lovin'” e "
Heroes” rimpinguano la quota di appassionato
hard-rock dell’albo, dominato dalla laringe grondante
pathos di
Helena.
Il finale di raccolta, rappresentato dai chiaroscuri melodici di “
Revolution” e dalla grinta suadente di “
Givin' it all”, incorpora ulteriore materiale di pregio nei solchi di “
Once in a blue moon”, un disco da ascoltare dall’inizio alla fine senza subire in alcun modo l’onta dello
skip.
Aggiungere i
Civil Daze tra le belle “sorprese” artistiche emerse nel 2025 diventa quindi opportuno e doveroso, considerandola una di quelle da sostenere immediatamente e da seguire con grande attenzione nelle sue mosse future.
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