Penso di essere di fronte alla recensione più facile della mia (ehm..) carriera. "Velvet Noise" è stato infatti, già recensito da Massimo Pirazzoli solo qualche mese fa, quindi mi basta ricorrere ad un veloce copia/incolla è sono a posto. Come... dite che non è sufficiente? Forse avete ragione, credo sia necessario aggiungere almeno che dopo aver realizzato "Velvet Noise" all'inizio di quest'anno per la Drug[s], sottoetichetta della danese Mighty Music, i Raunchy lo vedono ora distribuito dalla Nuclear Blast con l'aggiunta di una nuova canzone, la conclusiva "Never Be". Eddai... ora dite che non sarebbe onesto? Vabbe', allora ci metto un po' del mio. Partiamo dalla copertina, davvero pessima e si poteva/doveva far di meglio, sopratutto ora che "Velvet Noise" può giovarsi dell'appoggio di una label così importante. Fortunatamente sul piano musicale le cose vanno decisamente meglio. Un metal moderno (pure troppo...) ed aggressivo, con delle interessanti aperture melodiche (vedi l'ottima "Leech") ed orecchiabili, quasi pop, che equilibrano le sfuriate dei Raunchy e che compensano appieno anche alcune piccole cadute di tono, come avviene sulla poco ispirata "Tonight". I Raunchy portano il Death Metal Svedese (anche se sono danesi!) ad incontrarsi con soluzioni Thrash-core ed altre tipiche del Nu Metal. La dinamica e versatile "Crack at Dawn" ne è sicuramente un buon esempio, dato che mi sembra che riesca ad intrecciare egregiamente Fear Factory, Machine Head ed In Flames. Validi anche gli spunti quasi punk-rock, presenti sull'irruente opener "'Twelve Feet Tall". Orribile invece il coro pseudo-pop che piazzano su "Out of Sight" e non scherzano nemmeno le vocals filtrate di "This not an Exit", due brani che delineano sul finire della tracklist un momento di stanchezza. Infine, la nuova "Never Be" è un buon pezzo dalle atmosfere molto Nu Metal e con un ritornello sufficientemente ruffiano ma con una energica sezione ritmica che incalza. Già, eccomi a sottolineare la prestazione di Morten Toft Hansen che martella dall'inizio alla fine dell'album, noncurante di quali indirizzi stilistici abbiano preso le varie canzoni. Dei Raunchy apprezzo inoltre la scelta di non aver mai nascosto le chitarre ed anche la varietà messa in mostra dal bravo singer Lars Vognstrup. Diciamo che il mezzo punto in meno rispetto al voto datogli da Massimo è indubbiamente legato al mio "disappunto" per le troppe concessioni al Modern Metal, quindi se vi piace il genere fidatevi più di lui che del sottoscritto.
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