Ricorderò sempre la Spagna per le splendide spiagge assolate, per l’ospitalità della gente e la sangria, per le belle donne e magari anche per il Barcellona. Non la ricorderò per i Golden Farm.
I madrileni cantori del melodic rock pubblicano un dischetto molle, banale, zeppo di triti “I need you” “I love you” “You love me” equivalente del nostro cuore/amore che non si usa più nemmeno nei più beceri festival della canzonetta.
Non c’è l’ho con gli iberici per partito preso, ma quando un gruppo mette come prima canzone, quella che dovrebbe invogliare all’ascolto di tutto il seguito, una cosa che mi ricorda la sigletta di un triste programma televisivo domenicale significa distruggere chi è armato delle migliori intenzioni. Purtroppo “Angel’s tears” viaggia su questo binario dal principio alla fine e solo un super fanatico potrebbe trovare spunti originali e degni di nota. Io non ci sono riuscito. Sono al corrente del successo ottenuto dai Golden Farm in Giappone, ma la cultura musicale dalle nostre parti è, senza offesa, altra cosa rispetto ai gusti massificati e facilotti dei mangiatori di sushi del Sol Levante, ed il loro apprezzamento rafforza il mio giudizio.
Colui che ha ideato la cover con il tizio lacrimante forse si è ispirato a me dopo il terzo ascolto consecutivo di questo album. Se volete ascoltare una buona band spagnola sentitevi i Sex Museum.
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