Ascolto Dushan Petrossi e mi chiedo: "Perchè Malmsteen non riesce a fare un disco così da almeno 10 anni?". Le influenze sono le stesse, musica classica, un tocco di Blackmore e assoli chilometrici, ma la classe è diversa. Ultimamente il maestro svedese si sta facendo superare dai suoi discepoli. La Lion Music produce questo nuovo disco del guitar-hero belga e dei suoi Iron Mask, un prodotto registrato bene e suonato altrettanto bene che parte con la granitica "Holy War" che dopo un'intro neoclassica da paura mostra la voce aggressiva di Goetz Mohre che al contrario dei soliti cantanti di metal neoclassico che puntano sull'acuto stridulo, gioca molto sull'interpretazione ricordando un po' "Fury" di Malmsteen (questo dovuto proprio alle stesse influenze classiche, non di certo per un qualche tipo di plagio). Segue "Freedom's Blood - The Patriot" dove Petrossi duetta con il grande Richard Andersson (Majestic, Time Requiem, Space Odissey) alle tastiere. "Time" calma un po' i tempi, nonostante un ottimo lavoro alla batteria di
Anton Arkhipov, una semi-ballad orecchiabile con ritornello che ti entra in testa. "The invisible empire" è uno dei capolavori del cd, cantata dall'ospite Oliver Hartmann (At Vance) che interpreta alla Jorn/Coverdale una ballata veramente bella con un lavoro vocale veramente sopraffino."Demon's Child" è nuovamente sullo stile Rising Force, una bella cavalcata per la chitarra di Dushan che mostra quanto le dita possano essere veloci sulle corde. "High In The Sky" mostra un Goetz Mohre che insegue Ronnie James Dio nel periodo "Dehumanizer" sostenendo un riff molto potente di Petrossi. Ancora Ronnie James Dio nella seguente "Alexander the great - Hordes of the brave", con le tastiere di Andersson a fare da sfondo drammatico al brano che avrei volentieri usato come colonna sonora delle mie partite di "Dungeons&Dragons" tanto è epico!!!! "Crystal tears" dopo un'intro di tastiera parte con un riff che seppur vero ricorda "Only Lonely" di Bon Jovi (e quindi "Notte Rosa" di Umberto Tozzi), si districa poi nuovamente in una "Whitesnakiana" interpretazione di Oliver Hartmann che fa dimenticare tutto il resto. Anche su "Iced wind of the north" Hartmann esprime bene tutto se stesso duettando con il cantante effettivo della band e Dushan e Andersson che duettano intensamente.
Su "My Eternal Flame" è Goetz che tende a fare il verso a Coverdale in un pezzo che sarebbe stato bene su "Odissey" di Malmsteen.
Chiude "Troops of Avalon" che dopo un'inizio alla Iron Maiden (tipo "Flash of the blade") aggredisce come un tir in corsa portando al termine un cd che ascolto da diversi giorni senza essermi stufato. Se tutti i dischi di metal neoclassico fossero come questo sarebbe il genere metal più in voga.
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