Helloween - Keeper of the Seven Keys - The Legacy

Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2005
Durata:75 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE KING FOR A 1000 YEARS
  2. THE INVISIBLE MAN
  3. BORN ON JUDGEMENT DAY
  4. PLEASURE DRONE
  5. MRS. GOD
  6. SILENT RAIN
  7. OCCASION AVENUE
  8. LIGHT THE UNIVERSE
  9. DO YOU KNOW WHAT YOU'RE FIGHTING FOR
  10. COME ALIVE
  11. THE SHADE IN THE SHADOW
  12. GET IT UP
  13. MY LIFE FOR ONE MORE DAY

Line up

  • Andi Deris: vocals
  • Michael Weikath: guitars
  • Markus Grosskopf: bass
  • Sascha Gerstner: guitars
  • Dani Loeble: drums

Voto medio utenti

Keeper of the Seven Keys – The Legacy. Già il titolo potrebbe bastare. Aggiungiamo il fatto che, astutamente, il disco è stato fatto uscire il 31 Ottobre, notte di Halloween, che dopo il mega flop dei due album usciti per Nuclear Blast, gli Helloween sono passati ad una potenza come la SPV che ha fatto uno sforzo promozionale impressionante, mettiamoci anche le dichiarazioni di Mr. Weikath che ha dichiarato che, a differenza di quanto capitato sui primi due Keepers (???), qui non c’è un solo pezzo che non sia all’altezza e passabile di essere un singolo, e dulcis in fundo, il ritorno del keeper in copertina, anche se non tramite disegno ma con un pessimo uso della computer graphic.
Alla luce di tutto ciò, quest’album è ridicolo.
Se invece consideriamo questo nuovo lavoro come un SEMPLICE nuovo album degli Helloween, allora il discorso cambia e possiamo dire che, tra alti e bassi, si tratta di un cd interessante.
Anzi, di un doppio cd, purtroppo devo dire, perché il problema più grosso dei nuovi pezzi è l’assurda prolissità di quasi ogni brano che anziché trascinarsi stancamente per sei, sette, addirittura undici minuti, poteva esprimersi tranquillamente in 4 o 5 minuti, risparmiando all’ascoltatore delle soluzioni fuori luogo, astruse e sconclusionate, che purtroppo affliggono anche brani stupendi come l’opener “The King for 1000 years”, anche se fortunatamente per pochi secondi.
Figlio non riconosciuto della suite “Keeper of the Seven Keys”, questo brano riporta per alcuni istanti la magia persa tantissimi anni fa, e anche se Deris non potrà mai essere un Kiske, la sua mano sembra tornata leggera come tanti anni fa, quando nel suo debutto con gli Helloween scriveva pezzi come “Why?” o “In the Middle of a Heartbeat”. Indubbiamente uno dei brani più belli mai scritti nell’era Deris…ed il trend sembra nettamente positivo anche nella successiva “The Invisible Man”, in pieno Helloween style, happy zuccheroso e potente ma rovinato da una prolissità incredibile a metà brano, tra rallentamenti ed assoli che non fanno altro che addormentare il pezzo, fortunatamente dotato di un chorus trascinante che dal vivo promette sfracelli. In ogni caso, Gerstner si presenta bene come songwriter.
Da questo momento in poi, la musica cambia, e di brutto. “Born on Judgement Day” si presenta in tutto il suo scialbore, sebbene lo stile sia sempre quello, abbandonate per sempre le oscurità depresse di “The Dark Ride”, ma il brano sembra stato composto nei 6 minuti che lo compongono… Davvero troppo scolastico e banale, scorre via senza brividi ed entusiasmi. A questo punto, Weikath (peraltro autore del brano), bontà sua, può dire quello che vuole ma siamo già sotto gli standard da lui promessi.
Per fortuna ci pensa nuovamente Gerstner a risollevare le sorti del terzo Keeper, con una “Pleasure Drone” che sebbene non faccia urlare al miracolo sa dove andare a parare e con il suo incedere convince dopo pochi ascolti. Poi, il crollo totale.
“Mrs. God”, peraltro scelta incautamente e direi anche in maniera folle come singolo dell’album, irrompe in tutta la sua bruttezza, Deris riesce a dare il peggio di sé (e ritenetevi fortunati se non avete visto il delirante video), tanto per farvi capire qui stiamo parlando di un brano che avrebbe risaltato come il peggiore anche su dischi mediocri come “The Dark Ride” o “Rabbit Don’t Come Easy”, e qui chiudo. Chiude anche il primo cd con la successiva “Silent Rain” della premiata ditta Deris/Gerstner, altro brano decisamente inutile (con l’inizio plagiato da “Breaking the Law” dei Priest) che si perderà presto nei meandri del tempo, un mero filler di un disco che se fosse durato la metà ne avrebbe giovato non poco. Inserendo il secondo dischetto nel lettore, riecco il pezzone da 11 minuti a firma Deris. Doppio discorso: qui gli Helloween si tirano la zappa sui piedi da soli. L’intro fa il verso a “Starlight”, con il tipo che cerca una stazione alla radio e si imbatte in stralci di pezzi come “Halloween”, “Keeper of the Seven Kesy”, “Eagly Fly Free”…a questo punto la nostra mente fa il paragone e verrebbe voglia di gettare tutto lontanissimo dalla finestra…e l’omino ha anche il coraggio di lamentarsi perché vuole sintonizzarsi su “Occasion Avenue”…ma li mort…. In ogni caso, il pezzo non è affatto male, anzi alcune parti come il ritornello sono fantastiche, ma è afflitto dalla sindrome del “lungo a tutti i costi”, ed anche qui in 5 minuti si sarebbe potuto condensare tutto senza appesantire il brano con parti inutili e pallose che davvero fanno venire voglia di cambiare dopo un po’. La successiva “Light the Universe” è la tanto sbandierata ballad a cui partecipa l’afona Candice Night ed ancora una volta Deris fallisce come songwriter; piatta e banale, la canzone risulta davvero insufficiente e sconcertante è la prova vocale di Candice che sembra capitata lì per caso, mostrando un impegno ed un entusiasmo pari a quello di un impiegato delle poste il sabato alle 12. Si peggiora, precipitando in picchiata, con “Do You Know What You’re Fighting For”, uno dei peggiori episodi mai composti da Weikath, un aborto musicale che dovrebbe procurare vergogna almeno per i prossimi dieci anni, e pensare che nella biografia era pompato come uno dei brani migliori del disco…
Poco meglio fa Deris con la successiva “Come Alive”, per i commenti basta che andiate a leggere poco sopra quelli scritti per “Born on Judgment Day”. Il buon Andi fa un po’ meglio con “The Shade in the Shadows” ma ci pensa Weikath con “Get It Up”, un brano lontanamente alla “I Want Out”, a riabbassare la media. Considerazione: su 13 pezzi totali, i 3 a firma Weikath sono i peggiori o quasi…credo sia il suo peggior contributo di sempre ad un disco degli Helloween.
L’ultimo pezzo, “My Life for One More Day” è scritto a quattro mani da Grosskopf e Deris e ricalca di brutto “Kings Will Be Kings” di “Time of the Oath”, ovvero finalmente è davvero un bel pezzo che chiude in maniera leggermente migliore questo Keeper The Legacy.
Che dire in conclusione? L’amarezza è davvero molta.
Tralasciando le baggianate dette da Deris e Weikath, la scelta di proseguire la saga dei Keepers e tutto il resto, sono ormai tre dischi che gli Helloween si sono più o meno allontanati da standard degni del loro nome. Senza scomodare l’inarrivabile era Kiske, sono anni che dalla mente delle zucche amburghesi non esce un qualcosa di simile per qualità a “Power”, “I Can”, “Why”, “Still We Go”, “Falling Higher”, brani che non hanno riscritto la storia della musica, ma che fatichiamo oggi a trovare negli ultimi lavori degli Helloween. Anzi, non ci sono proprio.
Alla fine, non so nemmeno se preferire “Keeper – The Legacy” al pluricriticato “Rabbit Don’t Come Easy”. E ho detto tutto…
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli
silent rain

silent rain bellissimo,ma purtrp nn regge tt l album.

Commento

Un buon disco...non perfetto... Ma contiene al suo interno alcuni pezzi veramente ottimi, come "Invisible Man", "Occasion Avenue", "Pleasure Drone", "King For 1000 Years"...

Duro confronto!

Chiamare un Disco "Keeper of the seven keys" a mio parere non è stata una buona idea, soprattutto dopo averlo ascoltato, mi rendo conto che gli Helloween hanno fatto una grandissima caz...! I motivi sono molteplici, primo fra tutti la mancanza di 3/5 della formazione autrice di quel capolavoro e soprattutto mi spiace dirlo, Deris non ha neanche 1/5 delle capacità di Kiske, senza poi contare il songwriting, irragiungibile, ovviamente quello dei primi "Keepers..."

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