Copertina 6

Info

Anno di uscita:2002
Durata:53 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. 30 THOUSAND FT
  2. ELECTRIC LOVE SONG
  3. HIGH ST.
  4. NOWHERE TRAIN
  5. 3 AM
  6. UN-CHANGED
  7. IF THERES A SONG...
  8. BRAND NEW LIGHT
  9. SURFACE OF ANOTHER PLANET
  10. SPLEEPING GIANT
  11. SONIC BLUR

Line up

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Secondo album per i Vanderhoof di Kurdt Vanderhoof, noto ai più per essere il chitarrista fondatore degli storici Metal Church; a cinque anni di distanza dal debut-album la band torna con una line-up stravolta, che riconferma solo il polistrumentista Brian Cokeley (che vanta in carriera una collaborazione niente meno che con i Quiet Riot) e recluta un singer nuovo di zecca, Drew Hart. E' proprio quest'ultimo a rivelarsi l'acquisto azzeccato della band, grazie ad un timbro caldo in grado di calarsi alla perfezione nella parte. Musicalmente parlando, quello dei Vanderhoof è un hard rock che dice di rifarsi a Deep Purple e Uriah Heep, soprattutto per l'uso di Hammond e mini-Moogs, ma che comunque resta ben lontano, ovviamente, dal livello qualitativo dalle band di Blackmore e di Mick Box. Ad essere sinceri, non è poi che ci siano nemmeno così tante somiglianze stilistiche con le due storiche band di cui sopra, e prova né una "If theres a Song" dal refrain all'acqua di rose molto beatlesiana. I Vanderhoof hanno infatti un loro sound abbastanza personale, che passa da groovy riff a melodie di ampio respiro, come ben testimoniano songs quali "3 AM" o la opener "30 Thousand Ft.". La produzione, purtroppo, non si dimostra all'altezza, sia per quanto riguarda la batteria, scatolosa e chiusa, sia per quanto riguarda il mastering finale, che non da al lavoro il giusto impatto. Nulla da dire invece sulla performance tecnico-esecutiva dei cinque, trascinata dal buon lavoro di Kirk Arrington (altro fondatore dei Metal Church) dietro le pelli, autore di parti lontane dalle solite soluzioni, come nell'esordio di "Un-changed". Nel complesso "A Blur in Time" è un lavoro discontinuo, che passa da momenti esaltanti che fanno urlare al miracolo ("Brand new Light", toccante ballad da brivido, e la già citata "3 AM") ad episodi più scialbi e prevedibili, a volte anche all'interno di una stessa canzone. Tra alti e bassi anche l'operato di Kurdt alla chitarra, che alterna soluzioni geniali a cadute di quota, spesso dovute a scelte fuori luogo che risentono dei trascorsi più classicamente metal del chitarrista statunitense. A stupire più di tutti sono il bassista Chris Jacobsen, solido, roccioso, ma notevolmente vario, e le attrezzature analogiche di Brian Cokeley, che, con mellotron e mini-Moogs, riesce a riportarci indietro nel tempo di tre decenni. Insomma, le buone trovate non mancano certo, in questo "A Blur In Time", un album apprezzabile che però, come detto, resta fortemente penalizzato da una produzione inadeguata e da ingenuità compositive che sminuiscono considerevolmente il risultato finale. Conoscendo le potenzialità dei cinque non ci si poteva che aspettare qualcosa in più...
Recensione a cura di Lorenzo 'Txt' Testa

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