Ennesimo caso di ricomparsa di una formazione della quale si erano smarrite le tracce, episodi sempre più frequenti all’interno dell’immensa comunità heavy alternativa dove ormai sono sufficenti un paio d’anni di silenzio per essere completamente dimenticati, seppelliti da centinaia di fresche uscite.
A dire il vero gli anni trascorsi dal rarissimo debutto omonimo al presente “Smoke” sono quasi cinque, quindi era più che lecito domandarsi se gli M-Squad fossero ancora in attività. La risposta assume la forma di questa nuova realizzazione, zeppa di eccitanti situazioni.
Il trio di New York, per due terzi ex-Blood Farmers, si è preso tutto il tempo necessario per comporre il nuovo materiale, ponendo massima cura nei dettagli di ciascuno dei dieci brani (più intro..) ma restando saldamente fedele all’impostazione rock settantiana genuina e spontanea, che ai rigorosi calcoli matematici per creare una canzone sostituisce la fantasia dell’improvvisazione e l’estro del momento.
Varietà è il tema conduttore dell’album. Evitare la fossilizzazione di uno schema ripetitivo ed offrire novità continue, anche all’interno dei singoli pezzi.
L’esempio sublime di questa filosofia è l’incredibile suite “Back in time”, pantagruelica orgia sonora di quindici minuti in continuo mutamento, nella quale scopriamo via via massacranti riffs heavy, vibrazioni funky-stoner, vocals e groove alla Pepper Keenan / C.O.C., terremoti solistici che tolgono il fiato, per concludere con un clamoroso trip percussivo tra eserciti di congas, maracas e tamburi assortiti. Per qualcuno sono solo brodi allungati, ma quando sei dentro a questi viaggi che uniscono potenza heavy ad alchimie psichedeliche, vorresti non finissero mai. L’incontenibile spirito anticonformista che mi auguro sempre di trovare nei gruppi di questo tipo. L’esatto contraltare della musica inscatolata e stucchevolmente prevedibile.
Quindi sorprendetemi! Sorprendetemi con una colata lavica psycho-doom distorta e maniacale, dove una lead spaziale viaggia in parallelo ad un tappeto percussivo tribale e la parte vocale recitata pare una litania d’evocazione stregonesca. “Smokeblower”, i Black Sabbath conquistano il cosmo!
Meravigliatemi con qualche pachiderma stoner dall’andatura rotolante e massiccia (“Steps away”, già nella compilation Stone Deaf Forever della Red Sun) o con uno scottante hard-fuzz alla Atomic Bitchwax (“Hey alright”) o ancora con un raggelante slow funereo squarciato dallo strepitoso assolo acido di Holt (“Before the grave”). Ad ogni titolo una luce nuova, una visione diversa. Non parliamo di cose mai ascoltate in precedenza, invenzioni sbalorditive, ma di vera musica così ispirata ed interpretata da generare il desiderio di risentirla all’infinito.
E spazio anche al tocco di follia, stravaganti riempitivi come i gelidi rumorismi dello strumentale “Lost in sonic distortion” o l’obsoleto swamp-blues acustico “Bald rock blues”, con un banjo che mi figuro suonato dall’immancabile vecchietto della cinematografia Western.
Certamente nell’album degli M-Squad troviamo richiami a molte altre bands, dai Down ai Sixty Watt Shaman, dai Fu Manchu ai Men of Porn, ma così ben inglobati nelle loro rutilanti canzoni che finiscono per diventare parte di uno stile proprio ed originale.
Impostazione settantiana, ma così vivace e multiforme da cancellare il pericolo di essere considerati una semplice retrò-band.
“Smoke” vi regalerà momenti di piacevole stupore ed è un ritorno di grande qualità per gli M-Squad, speriamo soltanto di non dover attendere altri cinque anni per ascoltare novità da questa eccellente formazione.