Dopo varie vicissitudini, tra le quali spicca la dipartita del carismatico singer Damnagoras, oggi impegnato con i suoi Leprechaun, ecco tornare i nostrani
Elvenking che con il nuovissimo “Wyrd” colmano finalmente la lacuna lasciata dall’ottimo ed acclamato debutto “Heathenreel”.
Il folk power metal di quasi tre anni fa non è stato svilito da questa lunga attesa e gli Elvenking si ripresentano sulle scene più forti che mai, con l’assoluta curiosità sulla prestazione del nuovo singer Kleid, chiamato alla non facile prova di sostituire l’originario singer, che si rivela un ottimo acquisto per la band friulana.
Nonostante una minore duttilità ed un timbro della voce meno particolare del suo predecessore, Kleid si cala nella parte con piena partecipazione e rende questo “Wyrd” un ottimo lavoro, sempre bilanciato tra melodie power metal, chitarre aggraziate ma graffianti, pregevoli inserti di violino e di growling vocals in un perfetto contesto medievaleggiante e magico, come testimoniato dall’ottima intro “The Loser’s Ball”, basata su un cantato alternato maschile/femminile e perfetta apripista per l’opener “Pathfinders” che ci lancia nel sound degli Elvenking, sempre in linea con quanto proposto in passato, anche se ovviamente la band nel frattempo ha compiuto un’opera di personalizzazione del proprio sound, sempre devoto all’accoppiata Helloween/Skyclad.
”Jigsaw Puzzle” si presenta subito come uno dei pezzi forti di “Wyrd”, con una linea vocale assolutamente entusiasmante e adornata dal suono di violino che fa da contraltare alle possenti chitarre in sottofondo, ma anche la successiva “The Silk Dilemma” non è da meno, richiamando alla mente atmosfere care ai Cruachan di “Folk-Lore”-
La prima bonus track del disco, “Disappearing Sands”, all’inizio lascia spiazzati, presentandoci una band sotto un’altra luce, più cattiva e diretta, ma presto conquista grazie alla delicatezza ed allo stesso tempo aggressività dei cori e delle ritmiche e delle personali ed originali architetture sonore di cui questa band è sempre stata capace.
Senza cali di tensione, si arriva alla “consueta” suite finale di quasi tredici minuti, e dopo “Seasonspeech” è la volta di “A Poem for the Firmament”, summa maxima del songwriting degli Elvenking con tutti gli elementi che, dopo soli due lavori alle spalle, hanno già reso celebri tra gli addetti ai lavori e amati dal pubblico i ragazzi della band.
In conclusione, segnaliamo una buona e brillante produzione (mixaggio e mastering ad opera di Achim Kohler agli House of Music) ed un ottimo booklet corredato da affascinanti immagini e dei testi sempre interessanti. Bene così e complimenti ai ragazzi degli Elvenking che hanno dimostrato che “Heathenreel” non era frutto del caso.
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