Copertina 5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:75 min.
Etichetta:Roadrunner
Distribuzione:Universal

Tracklist

  1. SATYRIASIS
  2. GILDED CUNT
  3. NEMESIS
  4. GABRIELLE
  5. ABSINTHE WITH FAUST
  6. NYMPHETAMINE (OVERDOSE)
  7. PAINTING FLOWERS WHITE NEVER SUITED MY PALETTE
  8. MEDUSA AND HEMLOCK
  9. COFFIN FODDER
  10. ENGLISH FIRE
  11. FILTHY LITTLE SECRET
  12. SWANSONG FOR A RAVEN
  13. MOTHER OF ABOMINATIONS
  14. NYMPHETAMINE (FIX)

Line up

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Voto medio utenti

A breve distanza dall’opulento e controverso (e, concedetemelo, terribilmente pacchiano e noioso) “Damnation and a Day”, ecco che la band della bomba sexy di Dani Davey si getta incredibilmente in tempo breve su un nuovo lavoro a titolo di “Nymphetamine”, piuttosto differente da quanto proposto negli ultimi mesi dai vampiri inglesi.
Dalle orchestrazioni sinfoniche che avevano caratterizzato le recenti produzioni della band, notevolmente meno valide di quanto proposto in avvio di carriera, si ha una decisa sterzata da parte dei Cradle of Filth che cominciano a riciclarsi, avendo toccato il fondo della carriera con un “Damnation and a Day” che, ironia della sorte, è coinciso con la più grande chance e soddisfazione personale del gruppo, ovvero essere approdati ad una major di fama mondiale come la Sony Music.
Quindi, abbandonata in gran parte la componente operistico-sinfonica, il leader Dani ha deciso di fare una sorta di mix delle idee che hanno caratterizzato la prima fase della formazione albionica, pescando a piene mani dal passato e rielaborando delle idee e dei riffs magari avanzati in una fase di composizione allora illuminata, con risultati che quasi sempre non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli originali… Se infatti, il disco risulta perlomeno orecchiabile e sufficientemente valido fino alla traccia numero sei, successivamente la banalità prende decisamente il sopravvento, con brani che davvero lasciano il tempo che trovano, privi di mordente e caratterizzati spesso da melodie ignobili che non farebbero la loro figura nemmeno nella più sfigata formazione bavarese di ‘becer-metal’, e “Coffin Fodder” ne è la triste rappresentazione più illustre.
Anche la partecipazione di Liv Kristine Espenas, dei Leaves’ Eyes, non aiuta a sollevare le sorti del disco, anzi se vogliamo lo affossa, risultando impietoso il raffronto con Sarah Jezebel Deva che risultava molto più a suo agio in questo ruolo, in cui la “angelica” Liv appare decisamente spaesata e con un timbro vocale che mal si confà alla proposta musicale dei Cradle of Filth.
Apriamo a proposito un discorso a parte per la produzione….in maniera personale apprezzo molto la decisione, in qualunque modo sia giunta, di aver messo in secondo piano la componente sinfonica che a mio avviso aveva davvero reso i COF una parodia di loro stessi. Ma al contempo, tanto più che lo zibaldone presentato su “Nympetamine” da Dani Davey è caratterizzato da una preoccupante mancanza di ispirazione, la produzione a supporto di questo album avrebbe dovuto essere di una violenza spropositata, avendo concentrato l’attenzione sulle chitarre che, proprio per questo, avrebbero dovuto lacerare le carni dell’ascoltatore con una produzione letteralmente ferale. Quanti gruppi ci hanno insegnato che un disco, anche se carente dal punto di vista della brillantezza, può fare comunque una buona figura se dotato di un sound eccelso? E, quanto a denaro, i COF non ne sono certo a corto per avvalersi di quanto meglio ci sia nel campo della tecnologia. Ed invece…le chitarre hanno l’efficacia di una crema a bassa protezione contro i raggi solari di una giornata di agosto a mezzogiorno: totalmente inoffensive, delle inutili zanzarine, anche abbastanza tediose nel loro incedere, che sforano totalmente nel ridicolo quando il brano le lascia solitarie in primo piano a disegnare l’ennesima melodia bambinesca, tipo “Nemesis”.
Fortuna vuole che i Cradle of Filth siano immuni a tali critiche, dato che i loro numerosissimi fan (specialmente quelli che li seguono non per la musica, ma per l’immagine che adottano) continueranno a spalleggiarli anche di fronte a pessime uscite discografiche, altrimenti un gruppo “normale” dovrebbe ben preoccuparsi di quanto stia ultimamente mostrando la corda, rendendo i capolavori del passato che li ha resi celebri sempre più sbiaditi e lontani.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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