Se qualche anno fa pensando al gothic doom di un certo tipo, venivano immediatamente in mente sempre i soliti My Dying Bride, Katatonia, Anathema, da un pò di tempo a questa parte la situazione è cambiata... nuovi progetti, quasi sempre condotti da una sola persona, si sono affacciati sulla scena superando in alcuni casi anche i padri fondatori del genere. Sto parlando di Deinonychus e del debutto di Forest Of Shadows dello svedese Niclas Frohagen, autore di un album che lascerà il segno in questo ambiente per molto molto tempo! Bisogna ammettere che il buon Niclas non ha lavorato completamente da solo, ma dal 1998 al 2002 si è avvalso della collaborazione di Micce Anderson, recentemente uscito dalla band dopo aver collaborato alla composizione del materiale presente su "Departure". Stiamo parlando di un'opera dalla gestazione molto sofferta: quattro anni di sviluppo, tre riscritture complete, vari cambi di line-up. Il tutto però esce con la tranquillità di un album che, ancora prima del giudizio di critica e pubblico, sa di essere grande. Enorme. E' affidato a "Sleeping Death", lenta e dolorosa, il compito di introdurre nel migliore dei modi "Departure"... e sicuramente non delude. L'estremo senso di monotonia e ripetizione che pervade il pezzo, tornerà ad accompagnarci per tutti i sessanta ed oltre minuti di durata. Ma è una monotonia che si fa prima lieve annullamento, e poi totale ipnosi, venendo sapientemente rotta dalle urla di Niclas in alcuni frangenti dal pathos immenso. In realtà è dalla successiva "November Dream" che inizia lo spettacolo vero e proprio: un esplosione di struggenti, bellissime melodie, che dapprima sembrano dare speranza ad una musica morente, e ci abbandonano poi senza alcun preavviso, trascinandoci nel profondo dell'incubo, nella 'foresta delle tenebre'. "Bleak Dormition" è retta da un riff che da solo potrebbe spaccare un cuore malato, tanto è carico di dolore. Impossibile descrivere a voce le sensazioni che tale musica è in grado di trasmettere... "Open Wound" è proprio quello che ci viene descritto dal titolo, una ferita aperta che più si va avanti e più si rimargina, ma nel frattempo fa male, che male! Fino ad arrivare alla splendida title track, quindici minuti di musica irraggiungibile, accompagnata da una melodia portante da lacrime agli occhi che viene abbandonata durante il break centrale e ripresa alla fine, in un rabbioso e disperato attaccamento alla vita! State lontani da questa musica se odiate le cose ossessive, ripetitive, monotone... cariche di emozioni.
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