Dopo essere stati accolti in modo molto caloroso al momento del debut EP intitolato “Venoma”, i Love in Elevator ci riprovano con la prova sulla lunga distanza pubblicata dalla sempre attiva ed intraprendente Jestrai Records, prova intitolata “Sue Me”, un disco controverso, sicuramente interessante e volutamente disturbante, anche visto la natura del gruppo in questione. Non essendo propriamente il target medio di EUTK.net, forse molti di voi non sanno che i Love in Elevator sono composti per tre quarti da ragazze, ad eccezione del batterista, che un po’ per forza e un po’ per scelta fanno il verso alle ben più celebri L7, anche se nel caso di “Sue Me” troviamo una miscela più incentrata su sonorità dark/wave e raramente rock in senso stretto, dato che soprattutto le vocals della singer Giulia sono altalenanti tra lo stile più decadente e suadente e quello più urlato ed aggressivo, insomma spesso e volentieri si cade nella psichedelia più intensa, costellata da momenti noise ed acidi a go-go.
In tutto questo, pur senza far gridare al miracolo od etichettarle come l’ennesime new sensation del movimento “qualsiasi genere” italiano, destinate in breve tempo a sparire nel nulla, le LIE si lasciano apprezzare per il loro songwriting moderno e leggiadro, aiutato dalla buona prova della frontman Giulia Volpato, che riesce ad interpretare al meglio il proprio ruolo; tuttavia la giovinezza della band emerge alla distanza, si fanno notare molte ripetizioni, alcune banalità e qualche caduta di stile, che però non compromettono né il presente, alla valutazione finale del disco, né il futuro inteso come valore della band. Un buon esordio, caratterizzato da una buona grinta ed una proposta sicuramente coraggiosa, interessante e valida per tutti gli amanti di sonorità ossessive, ma ancora priva di quella originalità e del genio creativo delle band a cui le LIE dicono di ispirarsi. Una produzione decente ma non certo entusiasmante ed un libretto davvero degno del peggior demo, dalla scelta della cover alla miseria di contenuti, chiudono il quadro insieme alla buona cover di “Afterhours” dei Velvet Undergroud di questa prova, in attesa di un secondo lavoro più maturo e di spessore. Nel frattempo, va bene così e buon ascolto.
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