Copertina 7,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2006
Durata:55 min.
Etichetta:Drakkar
Distribuzione:BMG

Tracklist

  1. BLACK ROSES
  2. WICKED ANGELS
  3. QUEEN OF THE DAMNED
  4. DEVIL’S BRIDE
  5. …AND JULIE NO MORE
  6. GHOST OF WAR
  7. TEMPTATION
  8. WAITING FOR THE RAIN
  9. SANDS OF TIME
  10. MARYANN

Line up

  • Daniele Santori: vocals
  • Cosimo Binetti: guitars
  • Stefano Smeriglio: keyboards
  • Steve Vawamas: bass
  • Marco Bianchella: drums

Voto medio utenti

E giunse finalmente il debutto per questa band italiana dedita ad un power/dark metal molto melodico largamente influenzato dall’elettronica, guidati da una ottima voce maschile (quella di Daniele Santori) e sorretti da un vivace songwriting soprattutto a livello di inserti tastieristici e di atmosfere noir che pervadono in ogni dove tutto il disco. Diamo perciò merito alla Drakkar di aver scovato nel panorama italiano spesso saturo di gruppi che ci raccontano di draghi, spade e saghe medievali una realtà che affronta nelle lyrics, nell’immagine (perfetta quella della cover e dell’impeccabile booklet) e nella musica qualcosa di diverso sufficientemente originale. E la musica direte voi? Beh!..l’inizio è veramente promettente, ‘Black Roses’ ci accoglie sinistra quanto basta con un splendido riff doppiato dalle tastiere sulle quali si staglia un grande chorus magnetico, già in questa prima track si intuisce il potenziale di questi ragazzi: ottimo groove, buona tecnica e soprattutto una compattezza spesso non riscontrata altrove. Trovo riuscitissima la scelta (spesso ripresa in altri pezzi) di affiancare parti al limite del sinfonico con cori drammatici ed intensi che ben si amalgamano alle asprezze di canzoni come ‘Wicked Angels’, nella quale un treno di doppia cassa duetta imperterrita con voci, orchestrazioni e stacchi. Devo assolutamente spezzare una lancia alla produzione di Siggi Bemm (Tiamat, The Gathering, Samael) nei mitici Woodhouse Studios, e il risultato si sente eccome! Il mid tempo ‘Queen Of The Damned’ è da headbanging furioso specialmente quando si lancia in un altro chorus da applauso e già immagino I danni che potrà causare in sede live. In questa canzoni sono palpabili le influenze tedesche (Running Wild e Blind Guardian su tutti) ma come rimanere insensibili al twin solo dell’accoppiata Smeriglio/Binetti. Da qui in poi l’atmosfera tende a farsi più tetra e rarefatta, l’apporto dell’elettronica più consistente ed il risultato è ‘Devil’s Bride’, una colata lavica degna con un anima fredda che mi ha ricordato i Tiamat più incazzati dei primi platter. Sempre più galvanizzato giungo a quello che, spero, diventi il primo estratto di ‘Black Roses’: parliamo di ‘And Julie No More’ che spazza via in un sol colpo tutte le porcherie che gli Him di Ville Valo ci stanno proponendo da quattro anni a questa parte, stiamo parlando dell’archetipo perfetto di heavy dark song nella quale melodia, cattiveria e risolutezza ci fanno ricredere su un genere che non deve essere sinomino di metal plastificato per MTV (vero Lacuna Coil). Caliamo leggermente il livello con ‘Ghost Of War’, troppo banale nella formula e nella successiva ‘Temptation’, ripetitiva negli stacchi e in alcune scelte già ascoltate precedentemente. Per fortuna è solo un piccolo cali fisiologico visto che il finale ci viene in nostro soccorso con due gemme: ‘Waiting For The Rain’, ‘Sands Of Time’, classici mid tempos convincenti ben confenzionati. Il finale è consegnato nelle mani di ‘Maryann’, un gran lento sofferto e pieno di pathos cantato con trasporto da un Daniele Santori incredibilmente espressivo. Mi sembra di aver sperticato abbastanza lodi sui The Dogma, non vi resta che sorreggere questa perla comprando il cd e supportando la band nelle future esibizioni live.
Recensione a cura di Alessio Minoia

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