Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:70 min.
Etichetta:V2
Distribuzione:Sony

Tracklist

  1. CROSSROADS
  2. THERE IS A WAY
  3. LOST
  4. MOTHER EARTH
  5. WAITING TOMORROW
  6. COME TOGETHER
  7. JUST ONE DAY
  8. WHAT???
  9. COLDNESS
  10. RUSTY NAIL
  11. OUT OF CONTROL
  12. WOLVES N’ LAMBS
  13. SMOKE AND DREAMS
  14. PIECE OF TIME

Line up

  • Roberto Tiranti: vocals
  • Andrea Cantarelli: guitars
  • Pier Gonella: guitars
  • Andrea De Paoli: keyboards
  • Cristiano Bertocchi: bass
  • Mattia Stancioiu: drums

Voto medio utenti

Ve lo ricordate “Return to heaven denied”? Quel disco che oramai dieci anni orsono diede nuova linfa vitale ad un classic metal relegato pesantemente nelle retrovie e contribuì in maniera notevolissima ad una complessiva rivalutazione della nostra scena nazionale? Purtroppo le premesse insite in quel lavoro non sono state mantenute, i Labyrinth non sono divenuti quello che in molti credevano, il prestigioso contratto con la Metal Blade è svanito e di colpo il music business è andato alla ricerca di un’altra “next big thing” da spremere.
E in tutto questo, ben pochi si sono accorti che, dopo il passo falso di “Sons of thunder” e la dipartita non priva di polemiche di Olaf Thorsten, questa band non ha cessato di darsi da fare nel produrre ottima musica. “6 days to nowhere” conferma in pieno ciò che già si sapeva: i Labyrinth, che lo si voglia o no, stanno portando avanti un discorso mai interrotto, che raramente ha avuto a che fare con il power metal e che ha costantemente badato alla personalità e alla qualità della proposta. “Crossroads”, il pezzo di apertura, ci chiarisce già tutto: sonorità fresche, immediate, costantemente in bilico tra heavy classico e hard rock melodico, con ritmiche mai lineari e una grande, grandissima melodia. Quest’ultimo aspetto è quello che, a mio parere, rende vincente questo lavoro: la componente AOR/Pop in seno alla band, presente sin dagli esordi (andatevi a risentire “Piece of time”, qui presente in una meravigliosa nuova versione) si concretizza in una manciata di pezzi davvero squisiti, come “There is a way”, “Mother earth” o “Waiting tomorrow”, con la voce di Roberto Tiranti a fare il bello e il cattivo tempo come sempre. Accanto a questi, i cinque non disdegnano di premere sull’acceleratore, e allora ecco sfuriate metalliche come “Lost” (nella quale sono presenti anche growling vocals), “Just one day” o “Rusty nail”, che riprendono in parte il discorso intrapreso sui precedenti dischi (penso in particolare a “Deserter” o “Just soldiers”). L’immediatezza delle melodie non cancella comunque il fatto che questo sia un lavoro fortemente elaborato e ricercato: qua e là emergono parti dal sapore progressivo, la chitarra acustica ritaglia trame affascinanti (bellissimo l’intermezzo in “Crossroads” o le suggestioni spagnoleggianti di “Lost”) e le continue alternanze tra accelerazioni e parti più cadenzate sono tutti elementi di valore aggiunto all’interno di un prodotto comunque degno di nota.
Certo, ci sono momenti di stanca, perché brani come “Rusty nail” o “Wolves n’ lambs” non sono del tutto comprensibili e si perdono un po’ via, ma in generale si può dire come la bravura dei Labyrinth nello scrivere belle canzoni, senza troppo badare a generi e ad etichette, sia uscita ancora una volta vincente.
Sentitevi la splendida ballad “Smoke and dreams”, e ditemi se bisogna per forza tirare in ballo il metal: questa è poesia pura, ragazzi!
Impreziosisce il tutto una divertente e pregevole cover di “Come together”, un vecchio classico che però è riletto in una chiave decisamente personale e divertente.
A questo punto c’è solo da sperare che il pubblico italiano e non la smetta di considerare i Labyrinth solo come gli autori di “Moonlight”…
Recensione a cura di Luca Franceschini

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 29 mar 2013 alle 22:38

Penso che la canzone "Mother Earh" sia una delle più belle mai scritte....stupenda anche a livello di testo e tematiche....

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