Riecco sugli scaffali dei negozi i Gotthard, la rock band più famosa e amata della Svizzera. I nostri "vicini di casa" sono ormai sulla breccia dell'onda da più di dieci anni, e nel corso della loro carriera hanno prodotto album di indubbio valore come "Dial Hard" o "Defrosted". Il nuovo album dei Gotthard segue, almeno a livello di sound, il discorso che la band aveva intrapreso con il precedente "Defrosted": rispetto al passato (e anche rispetto allo stesso "Defrosted") gli arrangiamenti sono infatti molto più soft, e i pezzi hanno una quantità di inserti melodici decisamente superiore alla media cui ci avevano abituato i cinque ticinesi: questa è indubbiamente la prima caratteristica che salta all'orecchio di chi ascolta il disco per la prima volta. Il cambiamento di sound è stato sicuramente coadiuvato da una importante novità per la band: dopo dieci anni di collaborazione i Gotthard infatti hanno "licenziato" il loro vecchio produttore e iniziato una collaborazione con Mark Tanner (autore di numerose colonne sonore e annoverato fra i cinque migliori produttori del mondo). Questa mossa ha prodotto un sound meno duro, e ha indubbiamente allargato il "bacino di utenza" cui il disco sarà destinato: in una parola, ha reso la band più commerciale (il che per una casa discografica è di primaria importanza). I Gotthard però sono riusciti nel difficilissimo intento di rinnovarsi senza perdere di vista quelli che sono sempre stati i punti fermi del loro sound: il disco infatti si lascia ascoltare piacevolmente dall'inizio alla fine (anche nei suoi punti più soft) senza mai annoiare; inoltre non mancano certo momenti di puro hard-rock in pieno stile Gotthard. "Human Zoo" si apre con la title-track: un mid-tempo trascinante ed entusiasmante, con un chorus davvero molto azzeccato, e qualche inserto di stampo orientale che spiazza adeguatamente l'ascoltatore. Le prestazioni dei singoli membri sono ottime come al solito, in particolare la voce di Steve, capace di rendere al massimo sui pezzi veloci e di emozionare come non mai su quelli più lenti e introspettivi. "What I Like" (che sarà uno dei singoli estratti dall'album) è invece un pezzo abbastanza atipico, che si apre molto lentamente ma, complice un crescendo molto ben strutturato, si chiude su ritmi ben più trascinanti. "Have a Little Faith", "Still I Belong To You" e "What Can I Do" sono invece le ballad dell'album, che riescono in pieno nel duro compito di esprimere nobili sentimenti senza cadere in banalità assolute e morbose mielosità (sia a livello lirico che musicale). Bellissima è anche "Jamie's Not Alone", forte di un ritornello che vi si ficcherà dritto in testa al primo ascolto e di un testo che merita una lettura e una profonda riflessione... Le songs più coinvolgenti del lotto sono però "Top Of The World"; "One In a Million" e "Where I Belong" (un gustoso mix fra i Bon Jovi di "Livin' On a Prayer" e i precedenti lavori dei Gotthard), pezzi dal songwriting decisamente poco innovativo ma di sicuro impatto. Concludendo, questo "Human Zoo" ci mostra una band ormai matura, che si è un po' allontanata dal suo sound originario (cosa che farà forse storcere il naso ai puristi), ma ha ancora ben chiaro davanti agli occhi cosa significhi suonare hard rock con il cuore e (dopo averli incontrati personalmente permettetemelo) con le palle!
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