Copertina 6

Info

Anno di uscita:2002
Durata:41 min.
Etichetta:Black Mark
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. RETURN OF RAVENS
  2. THE SHADOWSHIRES
  3. SOLITUDE
  4. LEAVE THE ROOM
  5. SORCERERS
  6. CAN DIE NO MORE
  7. NATHALIE AND THE FIREFLIES
  8. LET US GO AS THEY DO
  9. DOWN THE NILE

Line up

  • Daniel Brennare: vocals
  • Daniel Brennare: guitar
  • Magnus Sahlgren: guitar
  • Mikael Larsson: bass
  • Johan Oudhuis: drums
  • Ulf Wahlberg: keyboards

Voto medio utenti

Ecco tornare dalla Svezia il Lago di Lagrime, con un nuovo album, che segue l’eccellente ‘Forever Autumn’ targato 1999. Vi dico subito che ‘The Neonai’ è un album discreto, ma inferiore al sopracitato ‘Forever Autumn’ e per ispirazione e per feeling. È indubbio che la musica del combo capitanato da Daniel Brennare sia dotata di estrema classe e pathos ma il difetto principale di ‘The Neonai’ è proprio da ricercare nella caratteristica che mi aveva letteralmente rapito nei precedenti ‘Headstones’, ‘A Crimson Cosmos’ e ‘Forever Autumn’, ovvero quella melodrammaticità di fondo, quella amarezza, quelle distese nevose spazzate dal vento del nord, quella foca speranza che impregnava i lavori precedenti. ‘The Neonai’ è un album relativamente solare, ove il totale amore per i Pink Floyd prende il sopravvento su tutto (vedi ‘Solitude’, ‘Sorcerers’, ‘Can Die No More’ e ‘Let Us Go As They Do’), dipingendo partiture quasi psichedeliche e soffuse...pitture dai toni caldi e fumosi, nelle quali non c’è più spazio neanche per il violino, che aveva caratterizzato in qualche modo il lavoro precedente. Certo, le prime due songs, ‘Return Of The Ravens’ e ‘The Shadowshires’, accompagnate da ‘Leave A Room’ e da ‘Can Die No More’ sono ottime songs, ricche di groove, ove il substrato di elettronica (pur non spingendo più di tanto, ma contornando le songs con tappeti e morbidi loops) le porta allo status di songs perfette per essere ballate nei Goth Club, magari prima della sezione di puro Industrial Goth/EBM, e le restanti ‘Nathalie And The Fireflies’ e ‘Down The Nile’ strizzano l’occhio rispettivamente all’Hard Rock americano ed ai Black Sabbath più maligni, ma nel complesso ‘The Neonai’ risulta troppo poco incisivo, troppo poco intimista…non è un caso che secondo il sottoscritto la song più bella, quella che riesce veramente a toccarti dentro è l’outro, così delicato…nel quale si richiamano le songs che più di tutte hanno caratterizzato la storia della band. Mi spiace, attendevo questo lavoro da tempo…la sufficienza c’è ed è ampiamente meritata, però personalmente questo platter racchiude troppo poco per una band dalle enormi potenzialità e sensibilità…ora ritorno all’ascolto di ‘Forever Autumn’ (in cui quel maledetto violino e le atmosfere dark/doom ti sconquassano la mente)…chissà che la mia amarezza non scemi.
Recensione a cura di Massimo 'Whora' Pirazzoli

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