In ambito musicale ormai ci si aspetta di tutto, ma scoprire che nella terra dei puri defenders esiste una credibile risposta ai Queen of the Stone Age è davvero un fatto sorprendente. Eppure la realtà è questa, anche se scorrendo i nomi dei componenti degli Harmful si intuisce che non sono tutti ariani dalla testa ai piedi.
Poco importa, ciò che interessa è uno stile molto vicino alla scuola americana post-Kyuss, frequentata da gente come Masters of Reality, Fatso Jetson, o restando in Europa dagli olandesi Beaver. Basta ascoltare una bella ballata agrodolce come “Elaine” o un pezzo geometrico e pulsante quale “Recipe”, per pensare subito alle composizioni di un Mario Lalli o di un Chris Goss.
Oltretutto gli Harmful non sono ragazzini che inseguono la moda del momento, è un trio di veterani attivo dal ’92 e giunti al loro settimo album ufficiale. Notiamo infatti che il sound del gruppo comprende anche forti richiami ai primordi grunge, evidenti nelle atmosfere caliginose e nei toni amari e fatalisti di alcune linee vocali.
L’album è diviso tra due tipologie di brani, quelli con ritmiche potenti e nervose che mostrano una buona vena di tensione, ad esempio “Old mistakes”,”Tenderly”, ”Break point”, alternati agli episodi più morbidi e sognanti come la già citata “Elaine” o la dolce e rilassata “Not in love”, vicina alle cose dell’Orquesta del Desierto.
Brani asciutti, adulti, forti di un rock pulito ed ordinato dal gusto americano, con interessanti ganci melodici ed un costante velo malinconico, anche quando la forma è unicamente strumentale come nell’elettroacustica “Mesanichta”.
Manca un vero hit alla “Feel good hit of the summer”, ma l’intensità del disco è abbastanza elevata e la piacevolezza delle canzoni cresce con gli ascolti, cosa sempre molto positiva.
Comunque se non ci si fida del sottoscritto, si può magari dare ascolto a Billy Gould, uno dei fondatori dei Faith No More. Presumendo che sia in grado di distinguere la buona musica rock da quella scadente, ha prima fatto in modo di legare gli Harmful all’etichetta di sua proprietà, poi ha promesso di accompagnare la band nel prossimo tour in qualità di secondo chitarrista. Io credo che se un personaggio di quel calibro si sbilancia per una formazione veterana ma ancora sconosciuta, un motivo ci sarà pure.
Non saranno la rivelazione del nuovo millennio, ma i tedeschi sanno il fatto loro. Con un pizzico di maggiore cattiveria ed una pennellata di acidità, il loro settimo disco avrebbe fatto il botto. Resta comunque un ascolto consigliato per chi segue lo scenario dell’attuale rock Usa, a partire da tutto ciò che sforna il clan di Joshua Tree in avanti. Casomai stupisce che una band valida come gli Harmful sia rimasta completamente nell’ombra fino ad oggi, segno di quanto poco conti il reale valore musicale rispetto alle mode o alle politiche di mercato.
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