Secondo album per i
Bloodbound, tuttavia - meglio chiarirlo subito - non regge il confronto con l'esordio, "Nosferatu", uscito l'anno scorso.
Su "Book Of The Dead" mancano, infatti, la freschezza, la guasconeria e sopratutto il cantante Urban Breed, e, infatti, al microfono troviamo Michael Bormann. Si tratta di un ottimo interprete, che in passato si era fatto valere soprattutto in campo Hard Rock melodico con i Bonfire, ma anche con Zeno, Rain e Jaged Earth, e che sebbene cerchi di metterci una buona dose di grinta ed un approccio aggressivo, appare poco spontaneo, e così Michael (che spesso ricorda non poco Jorn Lande) mostra le sue migliori qualità sull'energica ballad "Black Heart". Ma non si tratta dell'unica novità a livello di formazione, dato che i Bloodbound registrano sia l'arrivo del nuovo batterista Pelle Akerlind (Morgana Lefay) a sostituire Oskar Belin, sia l'inserimento del chitarrista Henrik Olsson, fratello minore del fondatore del gruppo, Tomas.
Riprendendo il confronto con "Nosferatu", quelli che non vengono meno sono i rimandi ai Maiden ("The Tempter", "Flames of Purgatory", l'ottima "Seven Angels"), agli Helloween ("Into Eternity" o "Turn to Stone") ed agli Hammerfall ("Bless The Unholy"), mentre quelle dal taglio più hard rock, come "Lord of Battle" e la lenta "Black Heart", possono tranquillamente far pensare ai progetti Allen/Lande e Place Vendome. Liricamente le canzoni sono invece abbinate a dei testi che sembrano prendere un po' in giro le "solite" tematiche horror.
Un "libro" che tutto sommato si sfoglia con piacere, ma senza suscitare alcuna suspense, visto che la conclusione viene svelata già dopo poche righe...
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?