Gli
Avalanch sono uno tra i gruppi spagnoli più conosciuti qui in Italia, grazie anche a "La Llama Eterna", secondo album ('97) del gruppo di cui la Underground Symphony ha curato una edizione speciale nella doppia versione con il cantato inglese ed italiano. In seguito, prima di arrivare ad "El Ángel Caído", gli Avalanch avevano inciso altri due album, tra cui il live "Días De Gloria" ('99), quello che invece non sono riusciti a fare è quel netto salto di qualità che mi aspettavo. Uscito già l'anno scorso, ma ora grazie alla Frontiers ottiene una maggior distribuzione (preparatevi ad una invasione di Metal ispanico!), "El Ángel Caído" si presenta alla grande con una cover riportante un stupenda immagine di Luis Royo ed un booklet curatissimo. Ma gli Avalanch non hanno trascurato nemmeno la produzione, recandosi fino a Londra per la fase di masterizzazione. Anche i brani, dalle liriche rigorosamente in spagnolo, mostrano una cura ed un'attenzione particolare negli arrangiamenti e con una marcata attenzione alle melodie e con alcune soluzioni quasi progressive. Manca però nelle tante canzoni incluse lo spunto vincente, gli Avalanch sembrano essere sempre lì per dare la zampata ed invece rimangono nell'ombra. Sicuramente non li aiuta il timbro voce del cantante, troppo monocorde, che non riesce a far decollare i pezzi. Sarà un caso ma attualmente Víctor García è uscito dal gruppo, sostituito Ramón Lage, e spero che il nuovo vocalist riesca dove non sono riusciti ne Victor, ne quel Juan Lozano che aveva cantato sui primi lavori del gruppo. Inoltre, a mio parere, il troppo insistere sulla melodia in alcuni casi è deleterio, come avviene per "Delirios de Grandeza" e sopratutto per la scialba "Antojo de un Dios". Il songrwriting del leader Alberto Rionda, peraltro ottimo chitarrista, si segnala sulla titletrack, un brano monolitico dal riff pesante ed oscuro che si velocizza solo nel refrain, su "Levántate y Anda", che unisce melodia e metal britannico d'annata, e sulla trilogia "Las Ruinas del Edén", articolata in un alternarsi di momenti progressivi, percussioni e un gran riff maideniano, con una doverosa menzione per "Acto II" cantata da Leo, singer dei Saratoga.
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