A brevissima distanza dal ciclone “Load/Reload” che decretò la morte artistica del gruppo, i Metallica si riproposero al pubblico con una raccolta di cover che spazia dal punk all’heavy inglese, dal country al rock anni ’70.
L’opera si divide in due dischi: nel primo sono contenute le registrazioni effettuate nel 1998, mentre nel secondo trovano spazio i pezzi interpretati dalla band di San Francisco nel corso della propria carriera.
Disco 1.
Si comincia con “Free Speech For The Dumb” brano dei Discharge che scorre in maniera piuttosto anonima, principalmente a causa di una prestazione di Hetfield alla voce non molto azzeccata. Con la successiva “It’s Electric” dei Diamond Head, i californiani cominciano ad aggiustare il tiro, anche se la calibrazione della proposta non è ancora ottimale. Bisogna attendere il passaggio di “Sabbra Cadabra” ed arrivare a “Turn The Page” per trovare il primo pezzo davvero ben riuscito della raccolta; sul brano di Bob Seger, infatti, i Metallica riesco a carburare al meglio sfoderando una prestazione convincente sotto tutti i punti di vista. Si prosegue con “Die, Die My Darling” dei Misfits e la bontà dell’esecuzione continua a tenere.
Nelle successive “Loverman” e “Mercyful Fate” si torna a calare, in particolare nel primo pezzo che raggiunge livelli di lagnosità ai limiti del sopportabile. Sulla cover dei Mercyful, invece, a non convincere è nuovamente l’ugola di Hetfield.
Per fortuna col capolavoro dei Blue Oyster Cult si inverte rotta. “Astronomy” è proposta in modo energico e sufficientemente fedele da non disperdere la grandiosa atmosfera che ha sempre contraddistinto la versione originale. In questo frangente, lodi meritatissime per il gruppo, che tira dritto con “Whiskey In The Jar”, brano della tradizione irlandese reso celebre dai Thin Lizzy nel 1978. Nulla da dire sull’esecuzione, il pezzo scorre senza intoppi e con un buon grado di coinvolgimento. A seguire troviamo l’ottima “Tuesday's Gone” dei Lynyrd Skynyrd. Questa traccia sarebbe stata l’ideale conclusione del disco dove, invece, trova ancora spazio l’inutile “The More I See”, scadente sia in versione originale che cover.
Disco 2.
Nel secondo cd troviamo il materiale più succulento di quest’uscita. Ben ¾ dei pezzi che lo formano, infatti, furono registrati negli anni artisticamente migliori per la band.
Le prime 5 tracce provengono dal celebre “Garage Days Re-Revisited”, l’EP che nell’87 scandì l’ingresso nel gruppo di Jason Newsted. Anche le successive “Am I Evil?” e “Blitzkrieg” non sono meno celebri, discorso identico per brani come “Stone Cold Crazy” e “So What?”.
Purtroppo, anche in questo concentrato di storia un punto debole c’è, ed è rappresentato dagli ultimi quattro pezzi. Trattasi di “Overkill”, “Damage Case”, “Stone Dead Forever” e “Too Late, Too Late” dei Motorhead. Sulla loro scelta non ci sarebbe nulla da eccepire, peccato che l’esecuzione dei Metallica sia incolore e priva dell’impatto che canzoni del genere esigono.
Concludendo, Garage Inc. si identifica come un buon sunto di quella che è stata l’arte del gruppo. In esso è evidenziata la carica con cui i Metallica si fecero conoscere al grande pubblico e parimenti si trova l’odierna mancanza di stimoli, cui si affianca una scoraggiante inadeguatezza nei confronti del genere cui la formazione apparteneva.
Nonostante ciò, questa doppia uscita è l’unica che meriti l’acquisto tra il materiale pubblicato dalla band dal 1990 ad oggi.
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