Negli USA tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90 il numero di band che iniziava il proprio percorso nel Death Metal era sempre più numeroso, ma due erano i fulcri principali: quello della Florida, in particolar modo Tampa, portatrice di nomi come Death, Morbid Angel, Obituary, Deicide, Atheist, Monstrosity, ecc.ecc.; e l'altro, pervenuto lievemente dopo in ordine cronologico, rappresentato dalla scena newyorkese, con gruppi come Incantation, Immolation, Malevolent Creation, Suffocation, ecc.ecc.
Anche se a dir la verità si possono ricondurre entrambe le scene ad un'unica fucina, ovvero quella di Tampa, non a caso definita la capitale del Death Metal; in quanto era lì che il genere era stato partorito e da lì che continuava a svilupparsi e a consolidarsi, non a caso anche le realtà della scena di New York, e non solo, registravano i loro dischi a Tampa, o addirittura vi si trasferivano. Questo grazie anche al lavoro svolto dallo storico produttore
Scott Burns, il quale entrava in contatto con i musicisti e li conduceva in Florida per registrare. Si deve al suo operato di scopritore, oltre che di produttore, il successo di molti nomi che hanno fatto la storia.
Burns nell'arco temporale che va dal 1987 al 1996 ha prodotto dischi fondamentali per tutto il genere, giusto per fare alcuni esempi di formazioni da lui seguite in quegli anni fatidici: Death, Obituary, Deicide, Malevolent Creation, Suffocation, Cynic, Gorguts, ecc.ecc.
Tra i vari gruppi della scena portati in auge dall'avanguardistico produttore c'erano i
Cannibal Corpse, provenienti da Buffalo, nello stato di New York.
I
Cannibal Corpse si originano nel 1988 per l'unione dei giovani membri di tre formazioni Thrash/Death dell'underground statunitense, ovvero:
Chris Barnes - voce,
Jack Owen - chitarra,
Bob Rusay - chitarra,
Alex Webster - basso e
Paul Mazurkiewicz - batteria.
La band è una delle più importanti e rappresentative del genere, e a partire dal loro secondo lavoro "Butchered at Birth"(1991), verranno quasi unanimemente considerati i padrini del Brutal Death. Sono anche la formazione Death Metal che ha avuto più successo commerciale in assoluto, sorpassando i due milioni di copie vendute durante la loro carriera. Sicuramente questo successo non è dovuto alla proposta commerciale dei ragazzi di Buffalo (che ovviamente commerciale non è), ma, oltre che l’effettiva qualità musicale, ha probabilmente inciso in positivo la loro apparizione nel film “Ace Ventura” avvenuta per assecondare il volere dell'attore Jim Carrey, che pare fosse un loro grande fan.
I
Cannibal dopo aver inciso un demo nel 1989, nel 1990 si accingevano a dare alle stampe il proprio esordio discografico: "
Eaten Back to Life", distribuito dalla storica
Metal Blade Records.
Il debut dei newyorkesi è uno dei migliori del panorama Death, e mette in mostra una formazione che era già in grande spolvero tanto da apparire come una realtà ben navigata. La musica di "
Eaten Back to Life" non è ancora ascrivibile al Brutal, ma ad un un old school Death dalle forti tinte Thrash.
Sembra di trovarsi al cospetto del perfetto anello di congiunzione tra il sound di gruppi seminali come Slayer (sicuramente una delle principali influenze), Kreator e Possessed, e le coordinate che erano appena state tracciate dalla scena di Tampa, unite all'irruenza del Grind, in particolar modo quello di matrice Gore.
Un elemento che differenziava questo platter dalle altre uscite del genere era infatti che anziché trattare i classici temi del satanismo, dell'occultismo e l'horror classico, la proposta di
Webster & co si concentrava su tematiche horror di matrice puramente splatter, volte ad essere il più disgustose e violente – ai limiti della caricatura e dell'humor nero – possibile.
Sicuramente era uno dei prodotti più pesanti degli anni a cui facciamo riferimento; tutto sommato nel 1990 i lavori più duri in circolazione erano rappresentati dai primi tre lavori di Chuck Schuldiner, oppure da "Altar of Madness", "Slowly We Rot", "Cause of Death" e pochi altri.
L'album è composto da 11 brani per un totale di poco meno di 36 minuti, tutti piuttosto brevi e immediati, basati ovviamente su tempi veloci senza però disdegnare corposi rallentamenti e numerosi cambi di ritmo. Il riffing della coppia d'asce
Owen/Rusay è profondamente radicato nelle dinamiche Thrash, e si svolge in maniera piuttosto lineare, tuttavia senza mai scadere nella monotonia delle atmosfere monocorde; questo nonostante si sia ancora lontani dalla "raffinata" circolarità che acquisterà nei lavori futuri. E tutto sommato, dato il genere di cui stiamo parlando, le trame delle due chitarre risultano piuttosto catchy.
Il lavoro dei chitarristi è sorretto dall'ottima prestazione di
Webster al basso, ben udibile e carico di groove, riuscendo a ritagliarsi un ruolo di rilievo all'interno dell'amalgama sonoro in cui si trova immerso. Altro elemento fondamentale è il drumming forsennato di
Mazurkiewicz, caratterizzato da una doppia cassa devastante, fill essenziali, tupa tupa e blast beat, con un suono molto distante dall'abuso di trigger che spesso caratterizzerà tali tipologie di proposte. Anche se con qualche incertezza, e ancora lontano dall'abilità tecnica che raggiungerà nei lavori successivi, il suo livello è più che sufficiente per la proposta che i deathsters americani mettono in atto.
I 36 minuti scorrono rapidamente senza cedimento alcuno, tutto all'insegna della brutalità priva di compromessi.
Un’omogeneità di insieme che però non toglie personalità alle varie tracce, questo grazie oltre che all'incisività compositiva degli strumentisti e ai numerosi hook con cui hanno strutturato la loro musica, anche per merito di
Chris Barnes, il quale sfoggia un growl brutale, estremamente ribassato, tuttavia non ancora pienamente inintelligibile, che unito ad una struttura lirica che privilegia le assonanze riesce a far risaltare adeguatamente i passaggi dei singoli brani, agevolando così l'effetto memoria nell'ascoltatore.
Difficile trovare punti deboli e trattenersi dal fare headbanging di fronte a brani immortali come “
Shredded Humans”, “
Mangled”, “
Born in a Casket”, “
The Undead Will Feast”, “
A Skull Full of Maggots”...ecc.ecc..
La produzione di
Scott Burns riesce a donare un suono grezzo e potente, ben bilanciato tra i vari strumenti e dal retrogusto mortifero che ben si adatta alla musica dei giovani metallari di Buffalo.
La resa sonora di "
Eaten..." è naturale e dal sapore analogico, non assimilabile ai lavori iperprodotti che caratterizzeranno il futuro del genere.
Un disco spesso sottovalutato poiché di "passaggio", ma che in verità contiene alcuni dei pezzi migliori del repertorio dei cannibali...un percorso che segnò l'approdo ad un orizzonte di brutalità che era ancora inesplorato, e il cui sangue verrà ereditato dai due lavori successivi sancendo così – assieme ad "Effigy of the Forgotten" (1991) dei Suffocation – la nascita del Brutal Death.
Tra l'altro, il mood Thrash di "
Eaten Back to Life", verrà sì in parte abbandonato a favore di una brutale inintelligibilità, ma, tuttavia, nel corso degli anni successivi della carriera dei cadaveri cannibali, lo si potrà trovare mano a mano – seppur con maggiore perizia – reintegrato all'interno del loro sound.
Recensione a cura di DiX88