I
Necrodeath, formazione genovese, sono uno dei gruppi di culto del Thrash Metal italiano dai forti connotati Black.
Sono stati tra i pionieri che hanno portato il Thrash Metal in Italia, assieme ai Bulldozer e agli Schizo; e tra i primi su scala globale a spingere il genere ad un livello di aggressività e di oscurità che conosceva pochi eguali, tanto da avere influenzato molte formazioni estreme – oggi ben più blasonate – dell'epoca, sia in ambito Death, che, soprattutto, in quello del Black Metal di metà anni 90.
Per capire la "popolarità" della band, si pensi alla seguente dichiarazione di Phil Anselmo durante un'intervista:
«Necrodeath? Fottuto Black Metal estremo! Voi italiani dovreste esserne fieri, perché sono uno dei migliori gruppi estremi di sempre!». Non molti gruppi potevano vantare, nel lontano 1987, la ferocia e l'oscurità sonora contenuta nel debut album dei
Necrodeath: "
Into The Macabre". Solo formazioni come i Kreator di "Endless Pain" (1985) e "Pleasure to Kill" (1986), i Sodom di "Obsessed by Cruelty" (1986), i Destruction di “Infernal Overkill” (1985) ed "Eternal Devastation" (1986), i primi Sepultura, i Possessed con "Seven Churches" (1985) e "Beyond the Gates" (1986), gli Slayer e pochi altri. Queste band, tra l'altro, insieme a Venom, Bathory e Celtic Frost – da queste ultime hanno assimilato la componente tetra – rappresentano le principali influenze del quartetto italico.
Veniamo adesso alla formazione, i
Necrodeath del 1987 erano:
Ingo alla voce,
Claudio alla chitarra,
Paolo al basso, e
Peso, leader della band, alla batteria.
Avevano dato alle stampe, circa due anni prima di "
Into the Macabre", il loro demo di esordio: "The Shining Pentagram" (1985), il quale, nonostante fosse il risultato di un'autoproduzione, riuscì a guadagnarsi una discreta notorietà negli ambienti dell'underground.
"
Into the Macabre", prodotto dalla
Nightmare Production, è un concentrato di potenza e "malvagità" al quale difficilmente si può rimanere indifferenti.
Le tematiche dei testi sono quelle tipiche del genere: anticristianesimo, occultismo, esoterismo, sui quali non ci soffermeremo più di tanto, dato che non si discostano molto dai cliché stereotipati del genere.
Sul fronte musicale la proposta è un Thrash Metal volutamente grezzo, scarno, ammantato da un alone sinistro.
A dare una nuance nera al disco è anche l'ugola di
Ingo, la quale è contraddistinta da uno stile sguaiato che in vari tratti risulta somigliante ad un mezzo scream; inoltrandosi, seppur raramente, anche nei registri tipici del vero e proprio scream di matrice nordica (si pensi all'incipit di "
Graveyard of the Innocents").
Il platter è composto di soli 8 brani, per un totale di trentatré minuti scarsi, articolati in vari frangenti sotto il segno di una certa "urgenza" che scandisce i tempi di tutto l'album. Senso di "urgenza" molto probabilmente tramandato dalla tradizione Hardcore, che seppur minoritaria, non è del tutto estranea ai "nostri"; in particolar modo a
Ingo e
Peso (si pensi ai loro progetti paralleli: gli Schizo di "Main Frame Collapse", e i Mondocane di "Project One" pochi anni dopo).
Claudio alla chitarra svolge un lavoro egregio grazie ad un guitar-work tagliente, veloce e dotato di personalità, il quale consente di rendere ben identificabili i riff principali dei vari brani. Anche il basso di
Paolo – vista e considerata la generale sottovalutazione a cui lo strumento andava abitualmente incontro negli album degli 80's – è ben udibile e riesce a ricavarsi un ruolo più che dignitoso all'interno dell'economia del disco.
Il lavoro dietro le pelli è di alto livello, seppur ancora acerbo, leggermente derivativo, e lontano dalle vette che
Peso riuscirà a raggiungere negli album successivi (l'eco di Lombardo e di Ventor si avverte in maniera preponderante).
Le danze si aprono con il carrillon della furibonda "
The Agony/The Flag of Inverted Cross" che porta con sé forti echi di Kreator e Slayer, canzone divisa in due parti, situate rispettivamente a principio e a conclusione del disco.
Si prosegue con l'inquietante "
At the Mountains of Madness" e l'ottattiana "
Sauthenerom", per approdare poi ad una delle prime gemme di tutta la discografia dei
Necrodeath: "
Mater Tenebrarum", canzone già presente nel loro demo di esordio, qui riproposta con un'altra veste. Un brano più articolato, che oltre alla consueta furia sonora, porta con sé un’atmosfera arcana e lugubre che ben si presta al contenuto esoterico del testo. A metà disco troviamo la tiratissima "
Necrosadist", anch'essa portatrice del segno dei maestri d'oltreoceano (Slayer), la trascurabile e più di mestiere "
Internal Decay", e quella che a mio avviso rappresenta uno degli apici del disco: "
Graveyard of the Innocents". Questo brano presenta un riffing più articolato, che sposta le lancette della brutalità su un quadrante maggiormente raffinato, caratteristica che ritroveremo sia nel seguente lavoro "Fragments of Insanity" (1989), che in vari brani delle future produzioni della band.
Come già accennato, la chiusura è affidata alla seconda parte di "
Agony/ The Flag of Inverted Cross": "
The Undead/Agony (Reprise)". La quale, in perfetta continuità con il suo incipit, non si discosta dai canoni dell'album.
Per quel che concerne la produzione c'è poco da dire, se non che è in linea con le produzioni estreme di quegli anni: suono raw, chitarre taglienti e tupa tupa ben in evidenza.
Si possono udire alcune imprecisioni in sede di bilanciamento dei suoni, ma sono piccolezze molto frequenti nelle case discografiche, che in quegli anni, si trovavano di fronte a prodotti "nuovi", in evoluzione, e da trattare sotto il segno della ristrettezza economica.
Concludo la recensione invitando a mettere le mani, o meglio le orecchie, su questa rara perla incandescente.
Il metal estremo passa anche di qui. Ne è debitore...ne siamo debitori.
Recensione a cura di DiX88