Secondo lavoro per i confederati del Nord Carolina, derivazione degli sconvolti ed acclamati (in patria…) Buzzov-en, e già dal titolo si intuisce che non siamo di fronte ad una interpretazione leggera del verbo heavy. Un macigno sludge-doom annichilente, dall’incedere veloce come la deriva dei continenti, una visione asfissiante ed estremista della musica che per i Weedeater si basa su chitarre monolitiche, bassi roboanti, panzer-drums, vocals che non vanno oltre al rauco gemere catacombale. Confrontando il presente album con il suo predecessore “And justice for Y’all” (2000) si nota subito l’allontanamento del gruppo dalle interessanti e particolari infiltrazioni southern e dagli squarci ritmici quasi hardcore che avevano consentito al trio di distinguersi in modo personale dagli altri praticanti del settore, solitamente piuttosto simili tra loro. La produzione di Billy Anderson, unico tratto d’unione con l’area stoner, ha appesantito il tono generale del loro sound lasciando spazio a mefitici mid-tempo (“Bull”,”Time served”), grezzi assalti pachidermici che, tranne per la voce, ricordano i primi Alabama Thunderpussy (“Potbelly”,”Lines”) e cavernose lentezze schiacciasassi, fondamenti doom portati alle estreme conseguenze (“Dummy”,”Buzz”,”Riff”). Unica eccezione il funereo episodio acustico “Woe’s me”, angosciante nenia cantata da Dixie Collins con voce greve e vibrazioni da oltretomba. In sostanza otteniamo un golem sonoro refrattario a qualunque cosa che non sia impatto senza compromessi, il quale in alcuni momenti mi ha rammentato i disciolti Acrimony ( quelli di “Tumuli shroomaroom”, disco da recuperare..). “Sixteen tons” è un prodotto valido nel suo genere, che mi lascia un po’ di amaro in bocca per l’eliminazione di quelle caratteristiche che consentivano ai Weedeater di non uniformarsi totalmente ai canoni dello sludge, talvolta troppo angusti. Comunque è un disco che esalterà i seguaci di Sourvein, Cavity, Bongzilla e delicatezze affini per la sua essenza estremista e per la sensazione di massima claustrofobia che riesce ad offrire.
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