E’ talmente stupendo che, vi giuro, durante il mio primo ascolto mi sono quasi messo a piangere per la commozione!
Questo il primo commento a caldo sulla seconda fatica dei gloriosi ed a questo punto già leggendari svedesi Hammerfall che con 'Legacy of Kings' addirittura migliorano la già stupefacente prestazione raggiunta con il predecessore 'Glory to the Brave'.
Se spesso mi sono giunte voci di una band svogliata dal vivo o addirittura un bluff on stage io posso solo replicare che questo disco è veramente fantastico, non ha punti deboli o di calo e non fa altro (pare poco) che prendere gli elementi più epici e fieri del loro songwriting ed elevarli alla massima potenza, per poterli cantare a squarciagola insieme ai nostri fratelli del metallo.
Il Cd si apre alla grandissima con uno dei brani migliori, 'Heeding The Call', paragonabile a ciò che rappresentava “The Dragon Lies Bleeding” nel loro capitolo precedente, e subito si nota che la voce di Joacim Cans è in formissima e che non poteva essere scelto nessun singolo migliore di questo, con un chorus così coinvolgente da mettere i brividi addosso con un assolo e dei cori veramente battaglieri! Si passa poi alla title track, altro gioiellino di immediata presa che si basa sulle stesse caratteristiche di velocità e melodia, anche qui con un chorus da 'Braveheart' come sempre preceduto da un bridge che prepara al meglio l’esplosione della fierezza.
Si rallenta un poco con l’anthem 'Let the Hammer Fall' che ci trasporta alle sonorità più vecchie tipo Saxon, un pezzo che potrebbe anche ricollegarsi a 'Stone Cold' mentre con la successiva 'Dreamland' si riparte a 2000, mettendo in evidenza l’ottima prova della batteria e, probabilmente, il più bel ritornello del disco e non solo, il cambio di tempo è spettacolare, la chitarra di Oscar Dronjak vola alta e fulminea, comincio a sentirmi male…
A metà è posta la prima delle due ballads, 'Remember Yesterday', e qui sono dolori per tutti visto che gli Hammerfall hanno già dimostrato il loro valore anche in questo campo e continuano a farlo!
Si riparte con un altro mid tempos e davvero 'At the End of the Rainbow' all’inizio sembra 'Stranger in a Strange Land', poi si trasforma nel solito capolavoro di epicità e di gloria che, per l’ennesima volta, mi mette i brividi addosso e si arriva verso la fine con il trittico 'Back to Back', 'Stronger Than All' e 'Warriors of Faith', tre macigni possenti e veloci, pieni di rabbia come tutti i defenders giustamente pretendono ed anche questi brani si confermano come punti altissimi di 'Legacy of Kings', grazie ad un songwriting illuminato tanto potente quanto melodico in cui Mr. Cans dà prova di tutte le sue (altissime) capacità.
Il compito di chiudere un capitolo così incredibilmente superlativo va ad una degna power ballad, 'The Fallen One', non zuccherosa o scontata ma una 'Glory to the Brave' ancora più drammatica e commovente, veramente da lacrime e questo senza aver letto il testo che sicuramente è qualcosa al di fuori di questo mondo, così come quelli di tutti gli altri brani.
Non cercate in me l’equilibrato giornalista che distingue la musica con il solo criterio di buona o cattiva, io sono un intransigente e asserisco che solo questo è il VERO METAL nell’accezione più pura e cristallina del termine e gli Hammerfall, eterna gloria a loro, hanno creato un disco epocale che deve ricordare ed insegnare a tutti, ripeto tutti, che allontanarsi da esso è morire, per qualsiasi motivo lo si faccia, e che i veri metallari non sono affatto stanchi di cantare di draghi e laghi di fuoco! I 'geni' che scriveranno male di 'Legacy of Kings' e criticheranno gli Hammerfall come band obsoleta, sopravvalutata e stereotipata il metal lo ascoltano e basta, io e voi lo viviamo.