Ho accolto con grande gioia il ritorno discografico “in prima persona” di Paul Sabu, un artista il cui contributo alla causa dell’hard rock (e non solo di quello, viste le sue innumerevoli collaborazioni, offerte nei più svariati ambiti musicali), spero vivamente non possa essere messo in discussione.
Purtroppo, però, l’entusiasmo iniziale si è ben presto notevolmente affievolito, non appena “Strange messiah” ha cominciato a “girare” nel deck del fido lettore Cd.
Innanzi tutto, dov’è finito il calore della vocalità del mitico “Jungle boy”? Di quel formidabile misto tra Coverdale e Hagar non è rimasto moltissimo, con un’accentuazione della componente roca e “urlata”, che rende il quadro complessivo leggermente “sgarbato”, almeno alle orecchie di chi ha conosciuto quel perfetto equilibrio tra pathos e vigore che ha caratterizzato in passato la sua laringe.
Non sono in grado di stabilire se si tratti di una scelta artistica o di una necessità “fisica” (il tutto a volte sembra “pericolosamente” simile ai limiti espressivi – compensati da un incredibile carisma – evidenziati dallo stesso Mr. Whitesnake durante una recente edizione del GOM), ma quello che posso dirvi è che il “nuovo” Paul Sabu, non mi convince affatto.
Arrivati alle composizioni, siamo al cospetto di una serie di canzoni discretamente appetibili, riconducibili ad un classico hard-rock anthemico e roccioso, screziato di blues e in cui quello che manca veramente sono le melodie veramente vincenti, soffocate da un’irruenza che troppo di frequente appare forzata e innaturale.
Come dicevamo, qualcosa di buono ovviamente c’è, a partire dalle cadenze minacciose e poderose della title-track, passando per la bella “Dangerous behaviour” (con un cantato più “pastoso” avrebbe potuto fare ottime cose), attraversando le scontate e tuttavia abbastanza piacevoli “Ashes of wrong”, “Fighting to die” e “Piece of my heart “ e concludendo il cammino con una gradevole “Jack of all trades” (alla cui stesura ha collaborato Vinny Appice), ma il tutto anche in questi casi è ben lontano da quel concetto di “memorabile”, che spesso ha accompagnato la carriera del nostro.
Alla voce “piccole stranezze” cataloghiamo, poi, “Blow by blow”, una sorta di risposta all’improbabile domanda “come suonerebbe un tentativo (non troppo riuscito) di fusione tra AC/DC e Whitesnake?”.
Un’ottima squadra di musicisti, con in testa Michael Voss (Mad Max, Casanova, Voices Of Rock …, anche produttore dell’albo), vero ispiratore di questo come-back, seguito da Matthias Rethmann (Lee Z), Gereon Homann (Eat The Gun), Ralf Heyne (Biss), Thorsten Koehne (Demon Drive, Eden’s Curse) e Angel G. Schleifer (Bonfire, Pretty Maids, Voices Of Rock), fornisce il necessario apporto tecnico, ma non salva (sigh! Come avrei voluto non dover scrivere queste parole …) “Strange messiah” “dall’onta” di una poco gratificante (vista la levatura del suo autore) sufficienza.
Non rimane che chiedersi se sia giunto il triste momento di ratificare l’irrimediabile inaridimento di un enorme talento o se si sia invece trattato del classico “incidente di percorso”, e scacciando con forza la prima possibilità, vado a consolarmi con “Heartbreak” … quello è il Paul Sabu che voglio ascoltare.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?