Dai polverosi archivi di Metal.it, un altro reperto d'annata: l'esordio di una formazione praticamente sconosciuta ed ai primi passi nella scena metal, che tuttavia mi aveva già impressionato con l'EP ""UnOpened", dove faceva già la sua bella figura "FullMoon", diventato poi uno dei loro "classici".Nome ai più sconosciuto quello dei
Sonata Arctica, almeno finché non hanno supportato i Rhapsody e gli Stratovarius in un esteso tour che ha toccato il territorio italiano. I nostri sono però anche autori di un discreto debut album che era stato preceduto non poco tempo prima fa dal singolo, sempre su Spinefarm, "UnOpened". Visto il paese d'origine, verrebbe facile accomunarli con gli Stratovarius, e, in effetti, non ci si sbaglierebbe poi di molto, ma fra i solchi delle loro canzoni è riscontrabile un maggior legame con l'Hard Rock rispetto ai ben più famosi conterranei, e sopratutto un minor utilizzo di sonorità neoclassiche. Qualche somiglianza a gruppi più recenti, come ad esempio i Symphony X e Royal Hunt, si unisce a richiami a gruppi più lontani nel tempo (qualche volta, sopratutto nelle melodie, ho sentito echi dei Kansas!). Devo altresì ammettere che però i migliori risultati questi giovani finlandesi li ottengono quando si avvicinano alle sonorità di Tolki e compagnia, "FullMoon" e "UnOpnened" su tutte, canzoni che suonano in maniera più fresca e vivace di quanto proposto ultimamente dagli Stratovarius. Altro brano ben riuscito è la scattante "Kingdom for a Heart" con le tastiere, sull'album suonate dal singer Tony, in primo piano. Le keyboards hanno un ruolo di primo piano su tutta la durata dell'album, con Tony abile a sottolineare i passaggi musicali senza prendere il sopravvento, mentre con la voce mi sembra in difficoltà sulle note alte, almeno non è un clone dei soliti Kiske/Kotipelto, e ci offre le cose migliori nei momenti più aggressivi ed in quelli più "sentiti". E' il caso di "FullMoon", che avevo ascoltato ben prima che "Ecliptica" fosse dato alle stampe, e che già allora mi aveva entusiasmato "...she should not locked the open door...", ok, la solita storia sullo sfigato licantropo (beh, più sfortunato chi gli finisce sotto gli artigli!) e sebbene non sia il massimo dell'originalità, dalla parte iniziale melodica ed ispirata alla successiva cavalcata con relativo coro accattivante, rappresenta il top dell'album. Sicuramente superiore alla successiva "Letter to Dana", che ho trovato troppo scontata e melensa... vicina agli Scorpions meno ispirati. Certo che essere posta tra "FullMoon" (si è capito quanto mi piace?) ed "UnOpened", non le è certamente d'aiuto, perché con questo brano si torna su ritmi veloci e più immediati, con qualche bell'intervento delle tastiere.
A proposito, per chi non lo sapesse nel tour sono state affidate a Mikko Härkin giovanissimo tastierista che in precedenza aveva suonato su "The Prophecies" dei Kenziner, ed entrato ora in pianta stabile nei Sonata Arctica. Giusto per terminare di scorrere la track list, troviamo prima "Picture of the Past" ed infine la conclusiva "Destruction Preventer" due pezzi più che discreti, cosi come lo sono i primi brani su cui ho letteralmente sorvolato. E chi non apprezza gli Stratovarius ed un certo modo di interpretare il Metal, potrà benissimo sorvolare su questo album, per gli altri un ascolto è perlomeno d'obbligo.