Il mio, anzi il nostro viaggio alla scoperta del magico mondo dei Deftones, prosegue con il seguito dell'acclamato debutto, "Adrenaline", che tanto clamore suscitò attorno a se. Chino Moreno e soci, tornano due anni dopo, corre l'anno di grazia 1997, con uno dei capolavori indiscussi del nu metal; signori e signori, siamo lieti di presentarvi "Around The Fur", e siamo sicuri, la vostra concezione musicale non sarà mai più uguale. Ventiquattro mesi, un lasso di tempo che ha permesso ai Deftones di migliorare il proprio sound, elevando le già ottime potenzialità espresse con "Adrenaline", ad un livello altissimo. Un disco che supera ampiamente la perfezione, pregno com'è di tantissimi episodi significativi. L'inizio è da pelle d'oca, "My Own Summer" manifesta subito l'ottimo stato di salute del quartetto: il sound è intrigante, con la voce sensuale di Moreno e la chitarra malandrina di Carpenter, per quello che diventerà un vero e proprio cavallo di battaglia in sede concertistica. "Ihabia" è invece acida, con una serie di riffs quasi fastidiosi, che scavano in profondità, toccando le nostre più profonde paure, mentre "Mascara" è la rappresentazione più fulgida del decadentismo in musica. La titletrack è LA canzone dei Deftones, una gemma da custodire gelosamente. Se Dio, o chi per esso, avesse mai scritto una canzone, beh...ragazzi, pochi dubbi in merito, quella canzone sarebbe "Around The Fur". Rimanere fermi, impassibili, durante lo svolgimento di questa opera d'arte, è praticamente impossibile. Se vi accade, o siete atei o siete fessi. "Rickets" è quello che serve per potersi riprendere dal tourbillon emotivo, essendo una piccola scheggia di rabbia e follia animale, condensata in due minuti scarsi. Dopo questa sana e doverosa dose di violenza, un'altro hit da paura, ossia "Be Quiet And Drive", probabilmente il brano più famoso del combo americano. Una song veramente bella, che dipinge al meglio l'affresco musicale Deftonesiano, raccogliendo al suo interno tutte quelle sfumature che hanno reso unico la loro proposta. "Lotion" è la sorella saggia e moderata di "Rickets", alternando bordate colossali a momenti veramente riflessivi. Un modo di comporre che avrà nel corso degli anni ben pochi eguali nel mondo nu metal, chiaro sinonimo che dai Maestri ( loro ed i KoRn, mai dimenticarlo, ok? ) c'è solo da imparare. Il disco si chiude con la sconquassante "Head Up", che vede anche la presenza di Max Cavalera, il quale conferisce al brano in questione, quella giusta carica etnica che tanto anima la propria musica. Il brano è un bel tentativo di "scaldare" il sound madre con influenze più grooveggianti - se mi passate questo brutto tentativo di italianizzare un termine straniero - e debbo dire che il risultato finale è davvero convincente. Altre parole non servono...il disco è un Capolavoro indiscusso del genere e come tale và amato, consumato ed idolatrato, perché qui si scrive la Storia.
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