Continua senza pause la lunga risalita della china operata dai thrashers canadesi capitanati da Jeff Walker. Dopo l’ottimo “Criteria For A Black Widow”, che vedeva il rientro del figliol prodigo Randy Rampage (successivamente cacciato durante il tour con gli Overkill a cause di frequenti episodi di ubriachezza molesta!) i cuori di molti fans oramai rassegnati si erano tornati a riempire di speranza. Jeff e compagni sembravano aver ritrovato la propria strada, allontanandosi drasticamente dalle raccapriccianti divagazioni elettroniche di “Remains”. Proprio per giocarsi al meglio le sue carte il poliedrico leader si è ancora una volta preso cura della produzione anche se, a mio parere, i risultati sono tutt’altro che lusinghieri. La prima sorpresa risulta provenire da colui al quale è stato delegato il compito di rimpiazzare il carismatico Randy Rampage. Dietro al microfono di “Carnival Diablos” troviamo infatti un personaggio che di certo non sarà sconosciuto a nessun thrasher che si rispetti, stiamo parlando di Joe Comeau, in passato in forza come chitarrista degli Overkill e, sul finire degli anni ’80, presente come cantante su “Master Control”, terzo e ultimo album dei sottovalutati ma validissimi Liege Lord. Il suo timbro versatile ed irruente contribuisce in maniera fondamentale al risultato finale conferendo alle undici canzoni dell’album un maggiore aggressività, purtroppo smussata dall’infelice e già criticata produzione. L’assalto sonoro dei cinque canadesi sposta leggermente le coordinate rispetto al suo predecessore puntando maggiormente sul groove e lasciando in disparte i ritmi estremamente veloci. A dimostrazione di quanto detto c’è “Shallow Grave”, un pezzo veramente energetico in pieno stile…AC/DC, con Joe Comeau intento ad emulare l’impostazione vocale di Brian Johnson, oppure potrei menzionare le poetiche atmosfere acustiche della strumentale “Liquid Oval”. Comunque il passato non viene assolutamente rinnegato e brani come “Battered” e “Insomniac”, decisamente più in linea con la proposta musicale a cui Jeff e soci ci hanno abituato da tempo, non mancheranno di far smuovere molte folte chiome. Gli Annihilator sembrano ultimamente intenti ad attraversare un periodo di transizione piuttosto marcato, questa situazione viene riflessa sui loro ultimi lavori e li priva di quel “quid” in più che invece possedevano sui due splendidi masterpieces degli esordi. A ciò va aggiunto che la qualità delle canzoni non è sempre uniforme per tutta la durata del lavoro, la title track, ad esempio, è un maldestro tentativo di proporre delle atmosfere spaziali ed in linea con i tempi. Tuttavia, quando in nostri lasciano in disparte le discutibili influenze moderniste e decidono di picchiare duro, i risultati sono decisamente buoni. Credo, quindi, che gli Annihilator necessitino di un altro po’ di tempo per avere l’opportunità di chiarirsi definitivamente le idee in merito a quale strada imboccare, infatti l’eccessiva varietà di stili presente all’interno del album va ad incitere notevolmente sulla compattezza e l’omogeneità del risultato finale. “Carnival Diablos” non è un brutto disco, quindi, ma risulta letteralmente lacerato dalle troppe influenze, a volte addirittura contrastanti fra di loro, presenti al suo interno, una specie di patchwork sonoro per intenderci. In ogni caso questa è di certo la line up più valida che Jeff abbia avuto a disposizione negli ultimi anni, sono certo che i risultati non tarderanno ad arrivare, nel frattempo questo disco può rappresentare un valido antipasto.