Finalmente una bella sorpresa! Dalle fredde lande della Scandinavia ecco giungere "Celestial Entrance", seconda fatica dei norvegesi Pagan's Mind. A dispetto di un monicker, una cover ed un titolo che non mi avevano certo fatto gridare al miracolo, le dodici tracce di cui si compone (fra cui una suite strumentale) costituiscono un succosissimo album di power progressive metal ottimamente suonato ed ancor meglio prodotto e missato da Frederik Nordstrom, ultimo esponente di quella nouvelle vague di produttori-musicisti nordici che tanto risalto e successo hanno fornito al metallo scandinavo. Se solo potessimo godere anche noi in Italia di produttori del genere, in grado di trasformare in oro tutto quel che luccica, sono sicuro che la scena italiana avrebbe raggiunto ben altri traguardi...ed in tempi più brevi. Tornando a noi, la questione è che i Pagan's Mind non inventano nulla di nuovo, ma dopo aver esordito con "Infinite Divine" nel duemila, ora hanno sfornato un gioiellino di melodia e potenza, ottimamente bilanciato fra partiture soft, fraseggi melodici e sfuriate ritmiche in doppia cassa, degne del miglior power metal d'annata. E permettetemi di dire che la cosa non è facile, dato che mediamente i pezzi si aggirano sui sei minuti, la tecnica è su livelli molto alti ed in questo genere la noia è sempre dietro l'angolo pronta ad indurti allo sbadiglio...
L'asso nella manica dei Pagan's Mind è lo sfoggio sì di una tecnica strumentale sopraffina, ma applicata alla forma-canzone: niente stacchi jazzati, svolazzi fusion e passaggi troppo arzigogolati, che, diciamocelo, il più delle volte sono una pura esibizione di padronanza del pentagramma e non conducono da nessuna parte. Un perfetto esempio è costituito dai dodici minuti di "Back To The Magic Of Childhood", pezzo strumentale in due tranche, che sublima il suddetto discorso e racchiude tutte le caratteristiche salienti della band. Da applauso l'incipit (dopo una classica intro atmosferica) con "Through Osiris' Eyes", un'incursione nei territori del miglior power prog spruzzato di soli e trovate hard rock. Ho trovato particolarmente azzeccato l'uso dei suoni : fra voci filtrate, tastiere "spaziali" ed un growling che ogni tanto fa capolino ad indurire il tutto, c'è davvero di che sbizzarrirsi! "Entrance: Stargate" è un altro pezzo da novanta, dove si nota un gran lavoro ritmico ed un bel (e soprattutto distinto!) suono rotondo di basso. Il poker di songs che va da "...Of Epic Questions" a "The Seven Sacred Promises" è l'asse portante del disco, il topic dove vengono sintetizzate al meglio le doti del sestetto norse. E' pressochè inevitabile che spesso, durante l'ascolto, riecheggino i fantasmi di quei Dream Theater e Queensryche, veri fari guida del genere, che tanti emuli hanno sparsi in giro per il mondo. Ma qui l'ispirazione è sincera, e senza fare voli pindarici, ha forgiato un disco che, se volete proprio sentirla tutta, a me è piaciuto molto di più delle ultime prove di Dream Theater, Queenryche e Symphony X. Un ascolto è perlomeno dovuto.
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