Se la ristampa di "Wild Dogs" era giunta piuttosto inaspettatamente, iniziavo a chiedermi quando sarebbe toccato a "Man's Best Friend", il secondo album per i Wild Dogs, uscito, sempre per la Shrapnel Records, nell'ormai lontano 1984.
La line-up è rimasta invariata rispetto al disco d'esordio, ma le composizioni della formazione statunitense hanno acquistato un taglio più easy e di conseguenza meno aggressivo, evidente ad esempio sulle ammiccanti "Not Stopping" o "Rock's Not Dead" e pure sul refrain di "Woman in Chains". Bilanciano questa tendenza canzoni come "Beauty And A Beast" (con una fantastica prova alla chitarra del sempre più bravo Jeff Mark) o la lanciatissima (tra Motorhead e Priest) "Believe in Me". L'impressione è che la band fosse deconcentrata e confusa, in parte dalla voglia di attirare maggiori consensi e dalla ricerca di un contratto discografico importante, ma allo stesso tempo frenata da qualche dissidio interno. Questi ultimi hanno, infatti, portato poi all'uscita (non senza strascichi) dal gruppo del cantante Matt McCourt, il quale non prenderà parte al terzo album del gruppo ("Reign of Terror" del 1987) dando vita agli Evil Genius, divenuti successivamente i Dr. Mastermind.
Ben sette le bonus tracks che vengono ad arricchire questa ristampa, canzoni che suonano più grezze e feroci di quanto ascoltato finora (da ascoltare la spericolata "The Vulture" o sulla scheggia NWOBHM "Sacrifice the Night") e tutte quante risalenti al periodo che va da "Man's Best Friend" al successivo "Reign of Terror".
Ad ogni modo, al di là di qualunque considerazione, anche con "Man's Best Friend" i Wild Dogs confermano tutto il loro valore.
PS: continua a mancare quella "Burning Rain" che nel 1984 era stata inclusa sulla compilation "US Metal Vol. IV".
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