Dopo avercene dato un gustoso “assaggio” ormai parecchio tempo fa, ecco arrivare finalmente l’occasione di testare per intero il primo full-length dei Teorema, un disco che giunge a coronamento di una sostanziosa attività underground.
“Forme naturali” è un lavoro di rock alternativo italiano semplicemente eccellente, in cui le molte influenze rivolte soprattutto agli antesignani del genere (un paio di nomi per tutti, Afterhours e Ritmo Tribale) non sono mai eccessivamente invadenti, dimostrando che quando si ha talento, temperamento e classe, si possono imparare dai migliori le tecniche e l’approccio, senza per questo plagiarne necessariamente l’opera.
La vera forza del gruppo risiede nel songwriting: fresco, diretto, personale, in nessun caso ridondante o prolisso, capace di esprimersi, tra l’altro, attraverso liriche metricamente ineccepibili, che sfoggiano intelligenza e fluidità senza dover escogitare ipotesi filosofiche minimaliste o particolarmente cerebrali, quelle che spesso “riempiono la bocca” e non raggiungono il cuore.
La notevole laringe di Martin Urbani, costantemente all’altezza d’ogni situazione espressiva, pilota con dovizia questo suono vibrante, energico, distorto e sempre melodicamente ispiratissimo, che sa di grunge, di pop, di tradizione rock, addirittura di bagliori punk/metal (con una palese citazione nel rabbioso “strappo” “Tra i denti”) e in cui la contribuzione “elettronica” (menzione necessaria per il gusto estetico del keyboard player Emanuele Raspa) è costantemente misurata e assolutamente funzionale a quell’imprescindibile “forma-canzone” la cui egemonia non è mai messa in discussione.
Nessuna palese caduta di tono è rilevabile in nove pezzi ugualmente (ed in modo diverso) emozionanti e coinvolgenti, per un Cd convincente anche nella sua gradevole porzione multimediale, dove due video (quello della sempre brillante “Dea fragile”, un cartoon con la regia di Pasquale Rossi e quello della pregevole title-track, diretto da Stefano Bertelli), una galleria fotografica e un breve “studio-report” (in cui il nostro Martin impartisce lezioni su come mantenere in forma la voce, attingendo pure all’antica pratica del “fumento”!), fungono da corollario ad un Cd che ignorare, magari a favore di qualche altra maggiormente sponsorizzata “next big thing” della scena alternative, sarebbe davvero, almeno per quanto mi riguarda, un autentico “peccato mortale”.
La valenza artistica di questa band, in sostanza all’esordio eppure straordinariamente matura, è di livello superiore, e non ci resta che sperare che tale rango non rimanga nella penombra e riesca ad accompagnarli al vaglio del grande pubblico di “settore”, che sono fortemente persuaso dovrà “per forza” apprezzarli come meritano.
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