Ritorno sulle scene per la band statunitense, da sempre legata alle sonorità prog rock anni '70 e prona di fronte alle icone di Rush e Genesis, con i quali sono sicuramente cresciuti anagraficamente e come musicisti.
Tuttavia, non si comprende bene la decisione dei Tiles a fronte di questo loro quinto disco: volontà di rinnovarsi, nel sound e nelle idee, con qualche inserto più hard e movimentato, come dimostrato anche dal precedente "Window Dressing", o fossilizzazione estrema nella venerazione per i Rush, sempre più ingombrante ed evidente?
"Fly Paper" appare così, in eterno ed interno contrasto con se' stesso, e questo fà sì che la qualità ne risenta, risultando probabilmente come il meno riuscito dei loro dischi, lontano dalla freschezza e dall'ispirazione di "Presents of Mind", proprio quell'ispirazione che sembra latitare pesantemente in questa release.
L'iniziale "Hide in My Shadow" e "Landscrape" ne sono la prova lampante, con un bizzarro tentativo di uscire dal seminato, subito rientrato nel proseguio dei brani, che tornano ad essere maggiormente ordinari e derivativi.
La presenza di numerosi ospiti, tra cui lo stesso Lifeson dei Rush (tanto per dichiarare senza problemi quanto i Rush contino per la band), non riesce a sollevare il platter da una pesantezza di fondo a cui, ahimè, contribusce anche una produzione del mio amato Terry Date che davvero lascia esterefatti per piattezza ed asetticità, nonostante l'esperienza e le ottime prove fatte registrare con Fates Warning e... Rush, avete indovinato.
Molto curato invece il packaging ed intrigante la cover, veramente azzeccata.
Un disco che, probabilmente a causa della troppa pressione e della necessità di voler tentare il tutto per tutto, ha finito per essere il classico passo più lungo della gamba.
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