Primo album sulla lunga distanza per gli emiliani Zeroin, che a fatica inserisco nel filone elettronico/industrial, non perchè non ci stiano, ma per la riduttività di tale scelta, essendo i nostri quanto di più contaminato le mie orecchie abbiano ascoltato ultimamente. Prodotti dalla Subsound Records, già autrice di un gran lavoro sull'ultimo disco di Acquefrigide, i nostri Zeroin sfoderano un lavoro contaminato, malato, disturbato nelle atmosfere e nelle sonorità, fluttuanti su un rock distorto, elettronicamente infetto, pesante a volte, talaltre lieve come l'ago di una siringa. Echi di Deftones, Portishead, addirittura a volte qualcosa in stile DredG, per un disco che cambia fronte come un latin lover cambia signora.
Ciò non toglie che, a volte, le composizioni diventino un pelo troppo autoreferenziali, scontate nel loro incedere, prevedibili per quanto ben suonate e 'montate' in fase di post-produzione.
Un gruppo, insomma, che non vedo l'ora di vedere alla prova live; le voci che girano ne dicono un gran bene, a voi/noi l'onere/onore di scoprirli, confermarli, iniettarseli sottopelle.
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