A quasi un anno esatto dal minicd di debutto, “Architects Of The Humanicide”, i francesi Herrschaft danno alle stampe il loro primo full-lenght, il qui presente “Tesla”. Fascinati dalla cultura cyberpunk e da films quali “Blade Runner” e “L’esercito delle dodici scimmie”, si cimentano in un concept suddiviso in due parti, la prima, chiamata “The Sterilized World”, si svolge nel Giugno 2052, dove la civiltà umana ha raggiunto il massimo splendore, uno splendore vanitoso ed edonistico, grazie alle capacità di alcuni soggetti chiamati i “grandi architetti”, detentori di un potere e di conoscenze quasi sovraumane. La seconda parte invece, chiamata “The Chaotic Landscape”, segna la nemesi di questa civiltà, che distrugge sé stessa, inaugurando un’era decadente.
Sebbene il concept forse non è dei più originali, bisogna dire che dal punto di vista strettamente musicale questo dischetto è convincente.
Prendendo le mosse dal minicd dello scorso anno, la band ripropone la propria mistura di industrial, ebm e techno, riducendo sensibilmente la componente metallica, segnatamente black metal, la quale permane soprattutto a livello di vocals, grazie agli screams del singer M(z)X. I riferimenti sono sempre gli stessi, e a me vengono in mente ancora i Kovenant di “Animatronic”.
La sensazione che si ha, da un ascolto complessivo di questi 54 minuti, è quella di un sound curato, ricco di sfumature, che gioca spesso sui moods, i quali declinano diverse sfumature di oscurità, ma sanno delineare anche paesaggi apocalittici.
In genere si tende a credere, lo crede il metallaro medio, che l’elettronica sia una facile e comoda scappatoia per chi non sa suonare uno strumento, in realtà le macchine non suonano da sole, c’è dietro tutto un lavoro di composizione/creazione e la parte più difficile è sicuramente quella di tradurre un sentimento umano, per antonomasia analogico, in una serie di freddi ed asettici bit digitali, tale da trasmettere all’ascoltatore l’informazione primaria, il sentimento stesso.
Gli Herrschaft ci riescono molto bene, d’altronde basta ascoltare la title-track, potente, talmente potente da rendere bene la gloria della civiltà di cui sopra, e la successiva “Nemesis”, l’inizio della fine, e come tale angosciosa e apocalittica, per rendersi conto di quanto dico.
Senza contare la discesa nel “Vortex” finale.
In definitiva un disco che adempie le premesse originarie, regalando una manciata di canzoni piene di spunti interessanti e dalla capacità, non comune, di soddisfare più di un palato.
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