Copertina 4,5

Info

Demo
Anno di uscita:2007
Durata:18 min.

Tracklist

  1. BROKEN INTO SHARDS
  2. HORIZON
  3. THINGS I’VE LIVED
  4. DIE DIRTY BITCH

Line up

  • Francesco Zane: vocals, bass
  • Andrea Bon: guitars
  • Enrico “Pox” Allegretto: drums
  • Marco Noè: guitars

Voto medio utenti

I TMO si formano intorno al 2001 a Venezia. Nati inizialmente come band di cover di Jimi Hendrix, dopo tre anni, nel 2004, arriva il primo demo, "Distance - The Midnight Sun". Dopo questa prima prova in studio, il gruppo continua a farsi le ossa suonando in giro nell'area veneziana arrivando nel 2007 alla realizzazione di questo nuovo demo, "Free To Choose".

La proposta musicale dei TMO affonda le proprie radici nel rock classico degli anni '60, solcando i territori dei vari Hendrix, The Who, ed evocando le ruffiane melodie di un certo soft-rock che traspare soprattutto nei pezzi più lenti.
Dare un giudizio di questo demo appare davvero impresa ardua, sia per i pochi brani in esso contenuti, sia soprattutto per l’inconsistenza e la piattezza dello stile del quartetto veneziano.

E dire che le capacità tecniche non mancherebbero. Ciò che sorprende fin dalle prime note di “Free to change” è però la banalità delle composizione, il suo declinarsi secondo i parametri più basilari e ripetitivi del genere rock. Un tempo 4/4 che inesorabilmente si ripete, assoli suonati non male ma con un vigore e una personalità pari a quella di un’orchestra di liscio, un cantante apparentemente talentuoso ma con un’interpretazione degna di uno speaker di una stazione ferroviaria.
Tutte le quattro tracks, da Broken into Shards ad Horizon passando per Die dirty bitch scontano dunque questo approccio scolastico e apatico: unico pezzo che riesce a spiccare rispetto agli altri è Things I’ve lived, ballad leggera e sdolcinata che in alcuni passaggi ci sembra ricordare i lentoni caldi ed emozionanti degli Eagles (non ce ne vogliano..).

In conclusione, questo “free to change” ci lascia più di una perplessità: la speranza è che il quartetto veneziano nei suoi prossimi lavori cominci ad assumere un proprio stile e una propria attitudine, virtù indispensabili per una fottuta band di rock’n’roll. Altrimenti, meglio tornare a divertirsi sul palco tra una Purple haze ed un Hey Joe.
Recensione a cura di Filippo Lazzerini

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