Grande Giove! Questo sì che è un disco con le palle! "Where Moth and Rust Destroy" è la decima release ufficiale degli statunitensi Tourniquet, thrash band dalle tematiche cristiane passata alla storia per un album quale "Stop The Bleeding" (1990), vero cult tra i metalhead d'annata. Nel corso della propria carriera il gruppo capitanato da Ted Kirkpatrick, eccentrico drummer di vecchia scuola, ha tentato più volte soluzioni differenti da quelle degli esordi, come in "Crawl to China" (1997), per poi tornare sulle sonorità del debut con un contratto sotto Metal Blade ed un album quale "Microscopic View of a Telescopic Realm" (2000). Sulle stesse coordinate ecco uscire, a tre anni di distanza, questo nuovo lavoro, che vanta prestigiosi guests alla chitarra quali Marty Friedman (ex-Megadeth) e Bruce Franklin dei Truoble; musicalmente siamo dinnanzi ad una proposta ancora una volta singolare e personale, un thrash d'annata tecnico e intricato, miscelato con influenze svariate che vanno dalla musica classica al prog rock, elementi questi lasciati comunque in secondo piano, per non far perdere aggressività alle composizioni. Dalla ottima opener alla bellissima "Drawn and Quartered", passando per una "Architeuthis" dall'apertura melodica centrale davvero riuscita, sino ad arrivare alla doomy "In Death we Rise", questo sesto full-length album dei Tourniquet non ha cali qualitativi e si va ad imporre come una delle uscite migliori degli ultimi tempi. Personale, intrigante, complesso, tecnico, variegato e trascinante; cosa chiedere di più? Un altro punto a favore è dato dalla produzione ad opera di Bill Metoyer, cristallina ma dannatamente retrò, senza quei maledetti trigger e campionatori che vanno tanto di moda al giorno d'oggi. Qua e là i Tourniquet ci regalano finezze tecniche nella sezione ritmica, come nell'attacco spostato del refrain di "Where Moth and Rust Destroy" o nella eccentrica parte di batteria della già citata "Architeuthis". Last but not least, questo album vanta dei testi davvero belli, profondi e ricercati, di chiara matrice cristiana, ma toccanti anche per chi, come me, non ha molte simpatie per la religione. Insomma, un ritorno ai fasti del passato per un disco trascinante, particolare e sicuramente riuscito, che mi sento di consigliare caldamente non solo ai thrashers nostalgici di certe sonorità, ma a chiunque stia cercando qualcosa di personale e fuori dagli schemi.
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