Attenzione! Se non siete amanti degli album ultratecnici, se non siete pipparoli della tecnica, se non vi esaltate se la canzone è in 22/32: togliete 8 punti al voto e evitate pure di leggere! Ogni amante di metal ultratecnico (Spiral Architect, Watchtower, Spastik Ink solo per fare alcuni esempi) dovrebbe essere più che felice di questa uscita. Il motivo? Leggetevi la line up del gruppo: Ron Jarzombek (Watchtower, Spastik Ink, ex-Gordian Knot), Alex Webster (Cannibal Corpse) e Charlie Zeleny (Behold...The Arctopus, Jordan Ruddess). In questo momento dovreste sbavare come il cane di pavloviana memoria. Vi sarete sicuramente resi conto che con una line up del genere questo gruppo non può che stare alla tecnica come Rocco Siffredi sta al pisello.
Potrebbe un gruppo simile fallire nel donarci un'ora di musica impossibile da scrivere e difficilissima da assimilare? Chiaramente è una domanda retorica. Ma quello che impressiona su quest'album, oltre logicamente alla perizia tecnica dei musicisti e la pazzia delle composizioni, è la varietà di soluzioni adottate. Volendo definire questa musica non tralasciando niente dovremmo chiamarla progressive-tecno-fusion-death-thrash-instrumental-metal. Dalla scarica di note dissonanti alla sezione violenta con tanto di blastbeat passando per momenti intimisti, pezzi dal groove invidiabile, e sezioni con il tempo più scomposto che le vostre orecchie abbiano mai... sentito nulla manca. Impossibile non notare l'utilizzo di soluzioni Dream Theater primo periodo di Jordan Ruddess (Scenes From A Memory e Liquid Tension Experiment).
Non di facile assimilazione dicevo, ma una volta ascoltato quel tot di volte "sboccerà" e diventerà una droga. Le canzoni sono una più travolgente dell'altra, la splendida Laser Lobotomy, la travolgente Night Terror, gli epici otto minuti di Activation Synthesis Theory o ancora REM, che con il suo misero minuto riesce comunque a lasciare il segno, nulla colpisce a vuoto. Jarzombek traccia linee melodiche e ritmiche mozzafiato, pescando ovunque persino nelle melodie più classiche. Webster dimostra ancora una volta (se mai ce ne fosse bisogno) di essere un rullo compressore, una macchina creata per suonare il basso e dà un contributo in fase compositiva che si rispecchia in una perfetta simbiosi degli strumenti a corde, che si rincorrono e si rafforzano stupendamente. Vera sorpresa (ma fino a un certo punto per chi lo conosce) la prestazione di Charlie Zeleny che dimostra di essere uno dei batteristi più completi al mondo. In questo album fa di tutto, dal blastbeat alle classiche ritmiche jazzistiche.
Insomma, per gli amanti del genere un must assoluto, dato anche dal fatto di essere un prodotto raro, non stiamo parlando di power metal, nè di metalcore che contano infiniti gruppi (la maggiorparte inutili), di dischi come questo, per l'oggettiva difficoltà nel comporlo, ne escono ad essere ottimisti uno ogni 2/3 anni. Vogliamo privarcene?
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