Recensire una band come i Dresden Dolls su un sito seguito da rozzi metallaracci puzzoni (sto a scherza' n.d.a.) non è senz'altro cosa facile, e quindi riuscire a rendere interessante il proprio commento addirittura quasi impossibile, oltretutto mi sono sempre chiesto come album del genere siano etichettati da una casa discografica del tutto estranea a musiche che non siano composte da chitarroni grezzi ed incazzati, per questo però devo anche rendere merito ed un immenso grazie alla Roadrunner Records che mi ha dato la finora impensabile possibiltà di valutare due dei miei musicisti preferiti in assoluto, Amanda e Brian, "Le Bambole di Dresda".
Non saprei spiegare come una persona con i miei gusti musicali si sia innamorata dei Dresden Dolls, e nel mio caso esserne innamorato è ben poco in confronto alla realtà dei fatti, visto che sono letterlamente incantato soprattutto dal fascino della vocalist, fatto sta che la prima volta che mi sono imbattuto in un loro disco, il primo "A is for Accident", sono rimasto a bocca aperta, sarà stata appunto la sensualità della cantante Amanda, che con il suo piano e le sue tastiere è riuscita a stregarmi, un connubio di dolcezza, aggressività, eleganza ed intrapendenza, che colpisce e regala all'ascoltatore sensazioni incredibili, perchè chiudere gli occhi ed ascoltare la sua voce e le sue note è sicuramente qualcosa di unico.
La loro musica è etichettata da loro stessi come
Brechtian punk cabaret e si tratta in larga parte di stupende melodie eseguite alle tastiere da Amanda accompagnata dalla batteria di Brian ed un pò quà un pò la da una chitarra ed un basso suonati sempre da Mr. Viglione, che non ha mai negato la sua passione per l'hard 'n' heavy e per vecchie glorie quali Kiss, Skid Row, Motley Crue, ma anche Megadeth e Slayer, che sicuramente sono stati uno degli input che l'hanno poi portato a muovere i primi passi con le pelli, facendo si che si contrapponessero in ogni canzone la carica, la grinta e l'esplosività anche della vocalist a riflessioni più dolci e rilassanti.
"No, Virginia" è una sorta di seconda genesi del precedente "Yes, Virginia", si tratta infatti di un album composto da pezzi che non sono riusciti a trovare spazio nell'antecedente full lenght, vecchie demo e qualche brand new appositamente scritta per quest'uscita discografica che a rigor di logica non ci presenta assolutamente nessuna sorpresa compositiva, ma ci permette esclusivamente di ampliare la discografia di una band che ha già espresso prepotentemente tutte le sue qualità nei loro album passati, pezzi come "The Mouse and the Model" che finalmente ha trovato spazio nelle loro incisioni ufficiali e come la grande esclusa "Boston", che venne tolta per non rendere "Yes, Virginia" più lungo di quanto avesse voluto la band stessa, perle di inestimabile pregio che un loro fan è obbligato davvero a non lasciarsi sfuggire.
"No, Virginia" come detto non sarà certo un album che segnerà profondamente la carriera del duo, ma sicuramente potrà essere ricordato come un altro stupendo capitolo della meraviglia chiamata Dresden Dolls.
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